venerdì 25 dicembre 2009

Il H.R. Giger Museum: Dove le tenebre sono veramente più veloci della luce




di Jason V. Brock ©2009, traduzione di Sabrina Abeni ©2009.

Gruyères, Svizzera: lo stesso posto- come il suo nome- rievoca immagini di un passato distante; retaggi dimenticati, regni perduti. Lo scenario mozzafiato- nel mezzo delle Alpi, circondato da mandrie di mucche, greggi di pecore e fattoria- rinforza ancora di più l'inconscio desiderio per una vita che pare essere più semplice. Sebbene la Svizzera sia conosciuta per la sua precisione nella produzione di coltelli e orologi, e per la sua attività bancaria, qui non sembrano avere più significato né il denaro né il tempo... Certamente qui c'è del buon cibo (la cioccolata svizzera conosciuta in tutto il mondo e la fonduta che è un'invenzione gastronomica svizzera).
Ma qui c'è anche un altro importante prodotto d'esportazione svizzero: H.R. Giger. Il brillante surrealista, originario di Chur, è indubbiamente uno dei più grandi artisti degli ultimi cinquant'anni. Divenuta celebre grazie al film Alien, la fertile e inquietante immaginazione di Giger trova le sue radici sia nel paese di Carl Jung che negli Stati Uniti, nel lavoro del più cosmico degli autori americani, H.P. Lovecraft.
Con un background in design industriale, le radicali immagini e il lavoro profondamente personale di Giger sono unicamente legate ai suoi particolari modi di espressione: l'aerografo e la scultura. A lungo sinonimo di bellezza oscura, la sua arte visionaria ha raccolto un incalcolabile numero di riconoscimenti ad Hollywood, compreso l'Oscar per aver creato Alien, insieme ad altre numerose creature da incubo per il cinema. Se l'imitazione e la forma più sincera di adulazione, i numerosi e inferiori cloni di Giger sono il noioso testamento di un uomo dal singolare genio, anche tra i suoi pari.
Mia moglie, Sunni, e io abbiamo avuto l'occasione d'intervistare H.R. Giger (accompagnato da Carmen, la sua adorabile moglie) in vista di un documentario che abbiamo intitolato Image, Refl ection, Shadow: Artists of the Fantastic (uscito nel 2010 e prodotto dalla JaSunni Productions, LLC). Il film traccia le origini di un certo immaginario- cominciato con maestri del Rinascimento come Bosch e Brueghel il Vecchio- durante i secoli, con Goya, Böcklin, fino ai surrealisti e ai nostri tempi (con Ernst Fuchs e la Scuola di Realismo Fantastico di Vienna) e oltre. Vi sono anche inclusi altri luminari, come Robert Venosa, Joe Coleman, Robert Williams, Roger Dean e altri.
In vista di questa impresa, noi abbiamo intrapreso il percorso dagli Stati Uniti fino all'Europa, trascorrendo alcuni giorni in Svizzera per l'incontro programmato con questo maestro moderno, organizzato dal suo consigliere Les Barany.
I nostri viaggi ci avevano portato lontano: dalla Louisiana a Parigi, da New York a Praga. Adesso noi eravamo finalmente arrivati in Svizzera (dove nei primi giorni avevamo fatto una straordinaria intervista al terribile scultore/architetto Bruno Weber) e stavamo per fare una visita al H.R. Giger Museum a Gruyères.
Fu una rivelazione.
Vedere il lavoro di Giger- anche solo uno dei suoi enormi quadri- fa perder la testa: è come vedere che ogni parte della propria vita sia strabordante. Giger è un gentleman, divertente, ma anche serio. La sua arte, comunque, è perturbante; delicata e raffinata ma anche potente, erotica fino a diventare pornografica, ma anche intimidita da questo. È appassionata, spaventosa e disturbante.
Ogni pezzo del museo ha un'aria di famigliarità, le immagini sono state riprodotte molte volte durante gli anni in ogni tipo di libro e giornale. Le opere ad aerografo sono magistrali, tecnicamente sorprendenti, e raccapriccianti. I suoi lussuriosi lavori per il cinema sono incredibili e stranianti, mischiano l'organico e il meccanico in un'ibrida sintesi della vita: quello che Giger chiama i suoi “Biomechanoids”. Ma, secondo me, i suoi migliori lavori sono le sue sculture: sono perturbanti, meravigliosamente realizzate, dai concetti forti e perfettamente eseguite.
È facile perdersi nella mente di Giger, anche se quello che viene rivelato lì è veramente rivelato: esso scaturisce direttamente dall'osservatore. Dal momento che abbiamo bisogno di entrare in contatto con questo aspetto dell'Io (e non lo reprimiamo, né lo neghiamo), è difficile non vedere che Giger necessita che il suo pubblico osservi le sue creazioni- in modo che possano liberarlo: ciò chiude il cerchio tra creatore e spettatore, amore e odio, vita e morte. (Noi abbiamo notato questo ancora e ancora alla mostra di Giger tenutasi a Vienna alla KunstHaus Wien, mentre eravamo in Europa- la reazione dell'osservatore alle idee dell'immaginatore, che Lovecraft avrebbe chiamato “the dreamer”, furono da prima repulsione, quindi curiosità e alla fine attrazione.
A un lato del Giger Museum c'è il Giger Bar, un luogo espositivo con elementi dal design pratico e arredato nella tradizione di Giger. Gli abitanti locali, molti di questi degli anziani galantuomini, vengono qui a indulgere nei loro quotidiani rituali con caffè e meringhe. Potrebbe essere una scena qualunque di una qualunque piccola cittadina del mondo occidentale, tranne che per le sedie prese dal progetto di collaborazione di Giger (insieme a Dan O'Bannon) con lo sfortunato Dune di Jodorowsky; muri decorati per sembrare l'intricato scheletro di un enorme serpente; pavimenti il cui design s'ispira ai bassorilievi, bizzarri e massicci tavoli dalla foggia di teschi; separé con i contorni di teste di bambini; arredamenti che sembrano usciti fuori dai più oscuri sogni di Lovecraft.
Lo scenario del Giger Bar, assommato all'intera esperienza di terrificanti locali , dona un'atmosfera surreale all'intero posto: essi sono tutti un po' epici, claustrofobici, dolorosi, energici, crudeli, bellissimi, affascinanti e stupefacenti come una visita al Taj Mahal, al Museo dell'Ermitage, alla Grande Muraglia o sulla superficie della luna...
L'essenziale è non perdersi.

DARK DISCOVERIES

JASUNNI

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