venerdì 12 marzo 2010

PRENDIAMO A CALCI IL PRINCIPE AZZURRO: un sogno divenuto realtà grazie a James Finn Garner



Quanti di noi non ne possono più di sentir cantare Biancaneve "Un dì il mio amore verrà", e di vedere Cappuccetto Rosso cadere dalle nuvole alla pancia del lupo in attesa del salvifico cacciatore?
James Finn Garner ha detto "basta" e ha scritto una serie di fiabe "politically correct", dove i diversi e i reietti della società non diventano più martiri o carnefici, ma si uniscono per ottenere la loro autonomia e un giusto riconoscimento.
Nell'ambito delle mie ricerche sulle riscritture postmoderne della fiaba, ho avuto modo di intervistare questo brillante autore e le sue risposte non hanno tradito la sua fama di fine umorista e acuto osservatore della società.


Com'è nata l'idea di Fiabe Politicamente Corrette?

Avevo letto di alcune insegnanti di scuola materna a cui era stato consigliato di modificare le fiabe che leggevano ad alta voce così, per esempio, Cenerentola potrebbe trovare la felicità senza un uomo, e Biancaneve potrebbe trovare alla fine un lavoro pagato. Più tardi venni a sapere che nell'Università del Michigan avevano stabilito un elenco di parole da evitare. Così scrissi una storia che non avrebbe dovuto offendere nessuno e provai a renderla divertente. La raccontai in un cabaret e fu ben accolta e così voila.


Secondo te, qual'è il potere della fiaba oggi?

Una delle cose interessanti delle fiabe, penso, sia la loro universalità. Anche se sono state stravolte e modificate (in modo serio o meno) per la nuova epoca, esercitano un forte potere sulla gente, con le loro storie di pericoli, perdite e ricompense.



In quale modo una storia riscritta può essere originale e comunicare nuovi significati?

Le storie possono essere comunicative in molti modi. Esse contengono del materiale così di base che basta un piccolo cambiamento di direzione per cambiarne il significato pur mantenendo la coerenza della trama. Se decidi di scrivere una fiabe sulla giustizia sociale, per esempio, puoi modificare La Piccola Fiammiferaia e salvarla dalla sua povertà o renderla più forte grazie a qualcosa che l'aiuta a cambiare la propria vita.


Quale fiaba offre maggiori possibilità di sovversione creativa?

Le sovversioni più creative provengono dalle storie a noi più famigliari- probabilmente quelle dei fratelli Grimm- perché esse sono ben note, ognuno di noi ha un'idea generale (vera o meno) su ciò che raccontano. Penso che le storie di Andersen siano in molti casi le più ardue da adattare. In realtà non ha un'idea di fondo su quelle che possano le versioni “classiche”, al di là delle fiabe dei Grimm.



Cosa pensi della concezione tradizionale e disneyana della fiaba?

Generalmente ho dei sentimenti controversi nei confronti delle versioni Disney. Hanno reso delle storie immortali per milioni di persone ma, allo stesso tempo, in troppi credono che queste siano le loro versioni definitive. Esse sono state anche troppo depurate, anche se questo era stato necessario- potevano dei bambini piccoli sopportare che i piedi di Pinocchio venissero bruciati?


Quale protagonista di fiabe preferisci?

Non so se ne ho uno preferito. Suppongo che mi piacciano davvero Hansel e Gretel perchè sono così astuti da salvarsi da soli. Mi è piaciuta anche l'opera inscenata in teatro quando l'ho vista pochi anni fa.



Esiste una riscrittura di una fiaba che non hai ancora fatto, ma desidereresti realizzare?

Penso di essere riuscita a riscrivere tutte le storie che ho voluto. Ultimamente ho una lunga versione di Pinocchio che era stata tagliata dal secondo libro. Spesso la leggo negli incontri letterari o in altri eventi speciali.


Quale tipo di femminilità emerge dalle tue fiabe riscritte?

Non saprei. Suppongo di volere donne forti e piene di risorse (una reazione contro le eroine passive di ieri) e quando le storie si spiegano, do loro la libertà di essere anche folli, degli individui leggermente insani, così io spero di aver ritratto una femminilità che raggiunge le radici della sua libertà individuale.
Forse vorrei dare un grande calcio nelle parti basse del Principe Azzurro, dichiarazione tipicamente femminista, non importa chi sia a dargli il calcio.



© Sabrina Abeni 2010

domenica 7 marzo 2010

IL VENTO DELL'EST: OVVERO L'INTELLETTO E LA DECADENZA





Normalmente a questo punto, dopo una breve biografia dello scrittore, passerei a un’intervista, ma onestamente non mi reputo sufficientemente di talento per intervistare me stessa…

Per cui vi parlerò semplicemente della genesi di quest’opera, premettendo che è stata forse la più travagliata e sofferta che abbia mai scritto.

Tutto iniziò a metà del 2006: non scrivevo più da diversi anni, in parte per gli impegni universitari, ma soprattutto a causa dell’incubo di ogni scrittore, un ingombrante e asfissiante blocco.

In quell’anno avevo però dato tutti i miei esami all’università e mi stavo dedicando solo alla scrittura della tesi, per cui ogni tanto il mio cervello vagava libero e senza alcuna preoccupazione (condizione ottima per la nascita di nuove idee), finché un giorno vi si affacciò un’insolita immagine. Una donna sola, in un vicolo sporco e buio, in piedi sopra una spirale rossa disegnata sull’asfalto, mentre un’ombra incombeva alle sue spalle.

Da quest’unica e poco rassicurante visione si è dunque sviluppato Il Vento dell’Est.

Per la prima volta mi è capitato che alcuni miei personaggi prendessero il sopravvento e conducessero la storia a modo suo, tanto che alla fine si è rivelata un’opera molto diversa da quella che avevo progettato inizialmente; ho iniziato a provare una certa antipatia per quelle figure che avrebbero giocare la parte dell’”eroe”, a innamorarmi di altre che avrebbero dovuto invece essere marginali.

Per cui sono stata io la prima a stupirmi della piega che ha preso la trama.

Se dovessi definirne il genere con precisione sarei in seria difficoltà, non solo perché non sono mai stata propensa alle etichette, ma soprattutto per l’amalgama di generi e sotto-generi che pare abbracciare.

Dal thriller poliziesco al gotico rurale, dal romanzo visionario a quello di formazione, questo romanzo sembra piuttosto un’enorme macchina testuale che ha ingoiato tutte le mie varie esperienze di lettura elaborandole e vomitando fuori una trama destabilizzante e fluttuante tra un opposto e l’altro.

Una specie di schizo-macchina deleuziana del desiderio che ha ronzato e sbuffato per due anni…




IL VENTO DELL`EST
Ovvero l`intelletto e la decadenza

di SABRINA ANTONELLA ABENI


Libro Bianco & Nero
Formato 14,8 x 21 (A5)
Copertina Morbida
Pagine 233
Editore Boopen
Lingua Italiana
ISBN 978-88-6223-354-5



Prezzo € 12.99


http://www.boopen.it/acquista/DettaglioOpera.aspx?Param=7816&NClick=346




































Come può un intelletto complesso e raffinato desiderare fino al punto di corrompere se stesso? E' la domanda che sorge durante la lettura di questo libro. In una piccola e tranquilla località di provincia, una serie di efferati e inspiegabili omicidi risveglia un oscuro passato che, ciclicamente, turba la noia della quotidianità rurale. Un atipico e cinico ispettore di polizia si trova a dover dipanare questa complessa matassa, affascinato e insospettito da un triangolo di personaggi raffinati e tormentati: Sara Cividini, la cui famiglia è stata funestata da un lutto violento, casta e tormentata da rimorsi e desideri, Davide Merlani, professore universitario, fedifrago pentito dopo la perdita cruenta della moglie, Damiano Sarli, personaggio colto e con una sua personale filosofia di vita basato sull’estetica di ogni gesto, ambiguo e affascinante. Appaiono contemporaneamente numerose altre realtà di piccoli drammi che si trasformano in tragedie. L'opera diventa così una discesa nei recessi più bui dell'inconscio umano, da cui potrà uscire solo chi avrà il coraggio di guardare in faccia i propri desideri. Atmosfere gotiche, percorsi labirintici, rivelazioni visionarie sono gli elementi che caratterizzano questo romanzo