sabato 30 ottobre 2010

Metasimbolismo: i mondi archetipici di Sandra Di Marcantonio





La tribù surrealistico-visionaria copre uno spazio non ampissimo, ma significativo, del mercato artistico, includendo artisti dei più diversi paesi, con variegate culture e formazioni artistiche.
Tra di essi si trova anche Sandra Di Marcantonio, pittrice e scultrice residente nella provincia di Teramo, per la precisione a Giulianova, abruzzese d'origine ma dalla cultura cosmopolita.
Nata a Zurigo, ha iniziato a dipingere quadri a olio a undici anni, da autodidatta. sperimentando inizialmente il genere surrealista, sulla scia di Salvador Dalì, prediligendo in seguito un'arte, da lei stessa definita, "metasimbolica", influenzata dalla teoria junghiana degli "archetipi" dell'inconscio collettivo, profondamente proiettata al scandagliamento dell'anima.
Il suo stile è influenzato anche dai grandi dell'arte che reinterpreta in chiave onirico-simbolica, svelando il mistero dietro la realtà a noi conosciuta, utilizzando il concetto di spazio in senso atemporale e metafisico.
Fondamentali sono stati inoltre, per la sua formazione artistica, i suoi viaggi in Nepal, India e Perù, le cui culture ha influenzato il suo lavoro, sempre alla ricerca di simboli universali che possano abbracciare etnie diverse.
Grande importanza ha inoltre la reinterpretazione del mito attraverso la teoria degli archetipi junghiani, in modo da creare un universo che attinga a quel sistema di segni e simbologie che riguardano l'inconscio di ciascun individuo.
L’artista ha già esposto le sue opere in numerose città italiane ed estere, come Roma, Bologna, Verona, Zurigo ed Edimburgo con ampi consensi di critica e riconoscimenti ed inoltre ha depositato opere presso la Pinacoteca Comunale di Mosciano Sant’Angelo (TE) presso il Museo Internazionale della Donna nell’Arte di Scontrone L’Aquila, nella gallerie d’arte L’Acquario Giulianova, nella Pinacoteca Patiniana Di Castel Di Sangro (AQ), nella Galleria Ara Artis di Giulianova, nella Galleria Non Solo Tarli Giulianova, nella Galleria La Tavolozza di Pisa, nella Galleria Paonessa di Edimburgo in Scozia, nel Boggiarte studio 2B di Bergamo. Diverse opere sono state vendute a collezionisti d’arte nazionali ed internazionali.
Sandra Di Marcantonio può essere dunque definita un'artista completa e internazionale, dalla vasta cultura, non solo artistica, e dallo stile pulito e raffinato, che dimostra come anche in una piccola provincia qualcuno possa portare un pezzetto di mondo.



Definisci le tue opere meta simboliche. Cosa intendi con questo termine?


Per meta simbolismo s’intende un analisi del simbolo, andare oltre la sua staticità, poiché solitamente è imprigionato dal suo linguaggio ermetico, quindi è una ricerca, un tentativo di scoprire l’accesso agli archetipi.



Che peso hanno nel tuo lavoro le influenze dei grandi artisti?


I grandi artisti hanno avuto, hanno e avranno sempre una grande influenza nei miei lavori perché sono i miei maestri, la strada dell’arte è lunga e non si finisce mai di imparare, tra l’altro una buona regola per l’artista è quella di non accontentarsi mai abbastanza per desiderare di apprendere e di perseverare nel proprio cammino artistico.

Dalle tue opere emerge l’influenza del pensiero di Jung. Come nasce l’interesse per le sue teorie?

L’interesse per Jung è nato dal desiderio di comprendere meglio il profilo psicologico dell’arte in quanto rappresenta il riflesso inconscio, conscio ed subconscio individuale ma anche collettivo. L’interesse per gli Archetipi, la simbologia,l’ approfondimento dell’aspetto filosofico, la percezione sensibile confrontata con la razionalità.




Che rapporto esiste tra spiritualità e arte?


L’Arte rappresenta per me una forma di spiritualità in quanto è una sublimazione dell’esistenza, una ricerca di un mondo parallelo, un insaziabile volontà di cercare la medaglia opposta della nostra vita contemporanea unilaterale in quanto devota quasi esclusivamente al materialismo,creando cosi un abisso, uno squilibrio tra interiorità ed esteriorità. L’arte diviene il tentativo di ristabilire un minimo di armonia dell’esistenza collettiva. L’arte in generale è per cosi dire il faro della consapevolezza del tempo in cui viviamo, una pausa dal mondo frenetico, che impedisce di vedere e sentire se stessi e gli altri interiormente.




Subisci l’influenza del movimento visionario? E se si, con quale artista di questa corrente trovi maggiori affinità?


I pittori con cui sento più affinità sono Salvador Dali, Magritte,Escher,Bosch, De Chirico ma anche con artisti contemporanei come Paola Gandolfi, Stefano Di Stasio……..



Qual è lo spazio che il mercato riserva all’arte simbolico- surreale? Hai trovato difficoltà a trovare una tua collocazione?

Le difficoltà sono una realtà quasi per tutti gli artisti , l’inserimento nel mercato non dipende esclusivamente dal tipo di arte simbolico- surreale o altro, oggi le difficoltà del mercato sono prevalentemente legate alle possibilità economiche dell’artista, poiché nella nostra epoca si paga tutto, in sintesi il mercato va spesso comprato dall’artista stesso in base alle sue possibilità, o in casi più fortunati ma molto rari da un gallerista,un amante dell’arte, disposto ad investire su un nuovo artista . L’inserimento nel mercato dell’arte è basato sull’investimento, sulla pubblicità tempestiva, la pubblicità è l’anima del commercio, purtroppo paradossalmente il mondo dell’arte ha poco di “artistico”!


Quanta “visione” e quanta “riflessione” sono presenti nel tuo lavoro?

La visione è un intuizione rappresentata da una momentanea percezione di uno stato profondo legato al cosiddetto subconscio madre dell’intuizione, l’idea lampo che improvvisamente si manifesta nella mente sotto forma pittorica, musicale ..,la riflessione è legata all’inconscio ma non tralascia la razionalità quindi è più lenta e meditata, sicuramente prevale come frequenza sull’idea lampo che è sempre la più intensa e sorprendente, ma più difficile da ottenere.



Sei sia scultrice che pittrice, che rapporto esiste tra questi due lati della tua attività?

Occuparsi sia di pittura e di scultura è dovuto magari per completarsi maggiormente nel campo dell’arte , entrambi sono una sorta di alchimia dell’anima, se poi aggiungiamo anche la mia passione musicale, è evidente che lo sfogo artistico si dirama in diverse forme di linguaggio attraverso una necessaria esplosione emotiva che diviene la migliore terapia esistenziale! La scultura è il linguaggio corporeo, la pittura il linguaggio della mente, la musica il linguaggio del cuore, la letteratura il linguaggio della ragione, se cosi si potrebbero catalogare in breve! Il rapporto tra diverse forme artistiche è sicuramente la ricerca di completezza e dell’integrità dell’anima.

Quale effetto ti aspetti di produrre in chi osserva le tue opere?

Penso che l’effetto più importante da suscitare in colui che osserva un'opera, sia una riflessione talmente profonda da coinvolgerlo in un emozione dinamica da poter lasciare un impronta nella sua anima


Un opera d’arte può illuminare la vita di qualcuno, mostrargli un lato dell’esistenza che prima ignorava?

Spesso mi è capitato che un'immagine di un'opera particolare, possa scatenarmi una forte emozione, tale da far percepire uno stato di coscienza insolito, profondo, di beatitudine esattamente come in alcune percezioni sonore. Quindi spero di poter suscitare altrettanto a chi osserva le mie opere.








Sito web di Sandra Di Marcantonio: http://www.dimarcantonio.altervista.org/#/content/start/

sabato 26 giugno 2010

OLTRE DISNEY: ROBERT COOVER E LA RISCRITTURA DELLA FIABA



Robert Coover è nato a Charles City (Iowa) il 4 febbraio del 1932.
Professore di letteratura per lungo tempo alla Brown University, esordisce nel mondo della scrittura col romanzo L'Origine dei Brunisti nel 1966 e la sua opera più nota è Il Rogo Pubblico (1977).
E' uno dei maggiori esponenti della letteratura postmoderna, di cui rispecchia la tendenza metaletteraria e delle reinvenzioni degli stereotipi culturali e letterari.
Interessato al rapporto tra letteratura e tecnologia, è uno dei fondatori della
Electronic Literature Organisation, nata con lo scopo di promuovere la letteratura elettronica.
Il suo ultimo romanzo è NOIR (2010).


Un caso fortuito mi ha portata a svolgere alcune ricerche, nell'ambito del mio progetto sulle Riscritture del corpo nella fiaba postmoderna, presso la Ca' Foscari di Venezia proprio nel periodo in cui vi si svolgevano una serie d'incontri con autori internazionali.
Grazie alla gentile intercessione della professoressa Rosella Mamoli Zorzi ho avuto la possibilità di avvicinare Robert Coover, uno dei maggiori esponenti del movimento postmoderno e autore di varie riscritture di fiabe, tra cui la raccolta di racconti Pricksongs and Descants e il romanzo Briar Rose.
Coover ha cortesemente accettato di rispondere ad alcune mie domande proprio sul suo rapporto con la riscrittura di trame ben note, in particolare di fiabe; alcune risposte che sono emerse sono state per me sorprendenti, perché hanno messo in dubbio alcuni elementi dati per certi da molti scritti critici.



1)In che modo una storia riscritta può essere originale e comunicare nuovi significati?


Tutte le storie sono storie riscritte, solo che alcune lo sono in maniera più cosciente delle altre; è una pratica che risale agli inizi della narrazione umana. Il più antico esempio di narrativa che abbiamo, il poema epico Gilgamesh, è stato costruito con frammenti di racconti scritti nei precedenti due millenni, che a loro volta sono stati ripresi , dopo l'invenzione della scrittura, da una lunga tradizionale orale. Gli scrittori della Bibbia hanno usato dei simili materiali popolari e rituali nelle loro riscritture, così come hanno fatto Omero (o gli Omeri), Ovidio, ecc... Il Don Quijote è una delle più originali storie che siano mai state scritte, ma è anche composto in parte di racconti riscritti, in questo caso ripresi da romanzi pastorali e cavallereschi- che a loro volta sono anche riscritture di canzoni dei trobadori, che sono loro stesse varianti di antichi e noti racconti orali popolari. L'arte narrativa è una conversazione senza fine attraverso i millenni, che usa un serbatoio piuttosto limitato di personaggi e motivi che attraversano avvenimenti storici, sociali e intellettuali in un continuo mutamento.


2)Perché hai scelto di riscrivere le più famose fiabe?

Nello svolgersi del discorso umano attraverso i continenti e i secoli, del quale l'arte di narrare costituisce una parte significativa e formativa, la comunicazione tra scrittore e lettore è facilitata dalla famigliarità con racconti e motivi ampiamente condivisi. Così la prevalenza dei temi dell'amore e della morte è stata sperimentata da tutti. Ma anche perché spesso i racconti scelti hanno lasciato un certo residuo nel pensiero umano, comunque lo hanno lasciato nel mio, ed è questo che necessita d'essere analizzato.


3)Quale funzione hanno, secondo te, concetti come la mutilazione e la metamorfosi del corpo nelle fiabe?

Si tratta di due temi molto ampi, forse più adatti a saggi psicologici o sociologici e non particolarmente rilevanti nel mio personale uso delle fiabe. Entrambi sicuramente hanno a che fare con le paure della decadenza, morte, morte nella vita (come accade nella grande opera di Ovidio), la distruzione dell'ordine, le ansie dei confini. La metamorfosi, a differenza della mutilazione, è una specie di magia, l'attraversamento di un impossibile divario, come l'abisso tra conscio e inconscio per esempio. È una sorta di attualizzazione di una metafora, un balzo immaginativo.



4)Qual'è la funzione del corpo femminile nella tua Briar Rose? Lo possiamo vedere come un testo aperto che attende un'interpretazione?


Bene, noi abbiamo una signora di cento anni costretta a divenire una sorta di simbolo della contemplazione, credo, ma il corpo come testo è divenuto ormai un tale clichè che spererei che in questo caso ci fosse molto di più. Un ugualmente interessante domanda potrebbe essere: qual'è la funzione della mente femminile? La storia inizia con una principessa addormentata, mai risvegliata, e con un principe mai sfuggito al rovo di spine, ciascuno di loro crea il loro futuro nelle proprie fantasie. I paragrafi di apertura rimasero statici per diversi anni, attendendo qualche nuovo elemento che potesse mandare avanti la storia, e questo nuovo elemento fu la vecchia fata che un giorno entrò nel racconto e ne assunse il controllo. Così, se dovessimo leggere il corpo come un testo, forse potremmo iniziare con la fata, “orrendamente brutta e vagamente minacciosa”, con i suoi denti di ferro, la sua moltitudine di seni e il suo disperato desiderio di conoscere il “desiderio”. Lei stessa, incidentalmente, riassume alcune “funzioni” di Rose.



5)Quale fiabe offre maggiori possibilità di sovversione creativa?

Quelle che hanno a che fare con i temi universali. Le relazioni tra giustizia e libertà, per esempio, tra il potere e l'impotenza, tra uomini e donne, tra vita e morte, tra speranza e paura.


6)Quale tipo di rapporto tra uomini e donne emerge dalle tue opere che riscrivono le fiabe?


Dipende dalle fiabe scelte. Il rapporto tra una principessa che giace in stato di coma su di un letto e un principe intrappolato tra le spine, impossibilitati a incontrarsi, è molto differente da una Bella che vive una vita intima con la Bestia (guarda come esempio la vecchia nonnina nella mia Cappuccetto Rosso in Pricksongs & Descants) o un'Alice in menopausa che deve sopportare gli scherni di un Re di Cuori in un demenziale Paese delle Meraviglie. Non ci sono risposte uniche riguardo alle relazioni umane. È questo che rende infinitamente affascinante il rapportarsi con esse.


7)Quale eroe o eroina delle fiabe preferisci?


Non ho un preferito. Sono tutti interessanti. I migliori sono probabilmente sono quelli le cui vite o circostante sono colpite dal paradosso, dall'ambivalenza, dalla stranezza, da ambizioni e desideri irrealizzati, dall'incertezza, dalla complessità, quelli con il potenziale per l'introspezione e la commedia.


8)Secondo te, qual'è il potere della fiaba oggi?

La fiaba è un modo di raccontare storie in mezzo a tanti altri, sebbene sia uno dei più potenti. Nella sua incarnazione moderna è qualcosa che definiamo genere. È una forma conservatrice che spesso, nonostante i suoi contenuti, celebra e perpetua lo status quo. Di conseguenza, il mio rapporto con la fiaba è spesso di confronto.



9)Cosa pensi del concetto tradizionale e disneyano di fiaba?

Le fiabe originali erano spesso raccontate dal punto di vista dei miserabili e dei diseredati, per i quali la violenza e l'ingiustizia erano un elemento costante, e per i quali la vendetta, quando si presentava, era dolce e crudele. Il mito americano nella metà del Novecento riguardava soprattutto la felicità, l'innata bontà nazionale, il superare gli ostacoli con coraggio e sacrificio, il calore delle famiglie e comunità tradizionali, ecc..., e Disney ha adattato le vecchie storie alle ideologie correnti. Così i sette nani non sono bizzarri, ma sono una dolce e amabile parte di una famiglia allargata da lieto fine. Le principesse sono tutte giovani e bellissime e non vomitano rospi o defecano oro.



10)Esiste una riscrittura di una fiaba o di una storia molto nota che non hai ancora fatto, ma che desidereresti scrivere?

La lista è ancora lunga. Tutte le matrigne della collezione dei fratelli Grimm, la foresta di Esopo con più di un centinaio di sue favole. Ho già affrontato molti personaggi biblici, le storie del Le Mille e Una Notte, altri personaggi di fiabe/racconti popolari/ storie per l'infanzia come Hansel & Gretel, Rip van Winkle, Puff il Dragone Magico, Biancaneve, Pinocchio, Humpty Dumpty, Punch & Judy, Barbablù, ecc... Senza menzionare poi le fiabe religiose e nazionali. Attualmente sto lavorando con altri mondi immaginativi, ma non dubito di ritornare di tanto in tanto a questi racconti tradizionali.
E tutto può essere rivisitato nuovamente. The Door: A Prologue of Sorts è molto diversa da Grandmother's Nose, sebbene entrambe partano dalla stessa fiaba.

domenica 18 aprile 2010

MICHAEL CHEVAL E LE VIE DELL'ASSURDO


Michael Cheval è nato nel 1966 a Kotelnikovo, una piccola città a sud della Russia. È cresciuto in mezzo a pittori, pennelli, tele e cavalletti. Suo nonno, un artista e scultore di professione, ha inculcato l'amore di Michael per il disegno fin dalla più tenera età. A tre anni poteva già disegnare composizioni con complesse e multiple figure, illustrando le sue fantasie e impressioni.
Nel 1980, Michael e la sua famiglia si trasferirono in Germania. Questo nuovo luogo fece una grande impressione sul giovane artista. I musei e i castelli, le vie antiche e i meravigliosi paesaggi del sud della Germania definirono in modo permanente i gusti e le predilezioni di Michael. Sempre interessato alla storia e alla letteratura, Michael fu assorbito anche dalla musica. Mise su una band con cui si dedicò al rock 'n' roll per anni. Compose canzoni e scrisse poesie.
Dopo il diploma e aver servito l'esercito sovietico, Michael si recò a Nebit-Dag, una città del Turkmenistan nel mezzo del deserto Kara-Kum, vicino al confine iraniano.
Influenzato dalla filosofia orientale e dalle caratteristiche dell'Asia centrale, cominciò a la sua attività di artista professionista indipendente, volgendo il suo stile in una direzione surrealista. Michael ha collaborato con diversi teatri e case editrici di Nebit-Dag e Ashgabad. Nel 1992 si diplomò presso l'Accademia di Belle Arti di Ashgabad. Nel 1990, Michael ha avuto la sua primo mostra personale nel Museo Nazionale di Belle Arti del Turkmenistan. Ciò fu importante per un artista di 24 anni, perché trovò grande apprezzamento presso la comunità artistica della repubblica. Nel 1994, Michael si diresse in Russia e lavorò a Mosca come artista indipendente e illustratore per varie case editrici, inclusa la famosa Planeta.
La sua decisione d'immigrare nel 1997 negli USA diede inizio a una nuova epoca per l'artista. Era ritornata da quella cultura occidentale che lo aveva fortemente ispirato in gioventù, ma ora aveva portato con sé la propria esperienza, la sua filosofia e la visione. Nel 1998 divenne membro del prestigioso New York’s National Arts Club, dove nel 2000 si distinse con il Exhibition Committee Award all'esposizione annuale del club.
Dal 1998 Michael espone regolarmente in varie gallerie di New York. Dal 2002 è un membro della
Society for Art of Imagination (London, UK) e partecipa alle esposizioni annuali europee promosse dall'associazione.
Nel 2003 Michael è stato accettato alla famosa esposizione Brave Destiny, che si è tenuta al Williamsburg Art and Historical Center di Brooklyn. Tra i partecipanti c'erano anche noti artisti come H. R. Giger ed Ernst Fuchs. Dal 2001, Michael espone all' International Show, Art Expo, che si tiene annualmente nel Jacob K. Javits Convention Center a New York.
Nel 2006 i lavori di Michael sono stati accettati all'esposizione Feast of Imagination, presso il H.R. Giger Museum Gallery in Svizzera.
Nel 2008 è stato accettato come partecipante alla mostra Dreamscape 2009 ad Amsterdam e i suoi lavori sono stati pubblicati nel catalogo di Dreamscape, tra i cinquanta più famosi artisti surreali nel mondo.
Nel 2009 Michael Cheval è stato scelto come Best Of Worldwide Oil Artist dal Best Of Worldwide Artists Volume I Book Series (Kennedy Publishing, USA).
Il primo libro dedicato alle opere di Michael, Lullabies, è stato pubblicato nel 2003, in collaborazione con la Interart Gallery. Nel 2007 ha publicato il suo secondo libro, Nature of Absurdity, che ha definito il suo unico stile e la sua visione. L'assurdo è il punto di partenza delle sue creazioni. Michael identifica la sua arte col teatro dell'assurdo di Becket e Ionesco e con i film di Greenaway e Buñuel.


I tuoi quadri ci mostrano un mondo irreale ma, allo stesso tempo, ci suggeriscono uno strano senso di famigliarità. Quanta realtà è nascosta in questo universo dell'immaginazione?

La realtà dei miei quadri proviene dalle sensazioni e dalle situazioni espresse sulle tele. I miei personaggi vivono gli stessi sentimenti che proverrebbero nella vita reale. Spesso non prestiamo attenzione a questi sentimenti considerandoli ordinari. L'arte ci permette di osservare le comuni situazioni triviali della nostra vita quotidiana e scoprire un intero cosmo di drammi e commedie condiviso da tutta l'umanità. Gli elementi dell'irrealtà sono gli strumenti che l'arte usa per attrarre gli spettatori realizzando opere inusuali e memorabili. Ogni artista ha un suo linguaggio, una collezione unica di simboli e significato. Questa è la mia. Benvenuti nel mondo irreale dell' “Assurdo”.

Che cos'è una vera visione e come nasce nella mente di un artista?

Questo è un mistero! Non credo che ci sia un uomo che possa spiegare in modo semplice il meccanismo dell'ispirazione. È al di là di ogni comprensione. Ho semplicemente un pensiero, un'idea. A volte giunge dopo lunghe ore di lavoro, contemplazione, lettura o assistendo a uno spettacolo teatrale. Ma è sempre come un flash. Vedi immediatamente un'immagine nitida. Passa un'eternità da questo momento fino a ché il quadro è completato, dopo numerosi tentativi ed errori necessari per trovare la corretta costruzione della composizione e dei rapporti cromatici. Ma nella maggior parte dei casi si tratta di capacità pratiche e professionali. È più importante l'idea, l'attimo d'ispirazione che percepisci ogni volta che arriva.

Nella tua arte è più predominante la verità o la bellezza?

L'arte rimane arte. Per me questa nozione è sempre stata associata per prima cosa con la bellezza. Ma un quadro semplicemente bello non è interessante. È una superficie, un involucro, un piacere per gli occhi. Credo sia necessario che abbia qualcosa dentro. La parte più profonda, la più interessante per l'artista che crea il quadro e per lo spettatore che guarda il risultato finale. Per combinare bellezza e verità l'artista deve trovare l'equilibrio su un bordo molto sottile. Questo equilibrio non è per me facile da raggiungere e serve tempo per perfezionarsi perché le questioni e i temi che i miei lavori trattano spesso non hanno a che fare con la nozione di bellezza.

I tuoi lavori sembrano quasi una narrazione di qualche storia assurda e fantastica. C'è un legame tra la tua arte e un certo tipo di letteratura?

Sì, hai ragione. C'è un approccio letterario nei miei quadri. Mi è sempre piaciuto leggere. Comunque i miei quadri non illustrano nessun libro in particolare. Molto spesso i miei lavori sono la quintessenza di uno o più libri. Non mi pongo l'obiettivo d'illustrare. È molto più importante mostrare il mio punto di vista sui problemi discussi nel libro. Parlando dei libri che amo, devo dire che negli ultimi dodici anni non sono stato molto interessato alla fiction. Preferisco la filosofia, i saggi e le opere storiche. Sono soprattutto interessato alla storia alternativa. È in disaccordo con i canoni accettati, ma offre più spazio alla fantasia!

Che cosa rende falsa o artificiale un'opera d'arte?

Tutto quello che è innaturale è forzato. Le opere d'arte, le opere con grandi pretese, queste possono essere guardate da distanza. Quando un artista si prefigge lo scopo di creare un capolavoro, il risultato è normalmente forzato e artificiale. Il quadro finito non dovrebbe essere importante per l'artista. È il processo di creazione a essere essenziale, lì dove la destinazione finale è sconosciuta.

Quale spazio è riservato all'Arte Visionaria nel mercato attuale?

Purtroppo non un grande spazio. È difficile giudicare senza riferimenti statistici sul numero di gallerie in tutto il mondo dedicate a un particolare stile, e sulla somma di denaro messa in circolo da un particolare stile o genere. Non so se esista una simile indagine. Posso solo parlare di New York e di quello che ho potuto vedere con i miei occhi. L'arte visionaria e surrealista ha veramente un piccolo spazio nel mercato. Incredibilmente piccolo! Tra le più note gallerie conosco solo la CFM Gallery a Soho. Ma anche questa galleria tratta con un numero davvero esiguo degli artisti più noti.


Quale sensazioni di proponi di provocare nel tuo pubblico?

La sensazione di co-creazione - questa è la più importante. Lo spettatore non deve trattare l'arte nello stesso modo della televisione. Deve pensare, sentire e sintonizzarsi col processo artistico insieme all'artista. Solo in questo modo potrà sentirsi parte dell'arte invece di vivere separatamente da essa. Credo che questo sia molto importante in tutte le forme d'arte.


Credi che l'arte possa avere ancora potere e influenza nel mondo d'oggi?

È difficile da dire. Ci sono stati tempi in cui poeti e artisti, scrittori e musicisti erano i maestri di pensiero e gli istruttori di anime. Non voglio criticare il presente, ma sembra che l'odierna società centrata sul consumo abbia trasformato l'arte in un comune prodotto e imponga i propri desideri all'artista. Spero sinceramente di sbagliarmi nella mia diagnosi, ma sembra che la parola “Mercato” sia fortemente legata alla parola “Arte”.

Il sito di Michael Cheval: www.chevalfineart.com




© Sabrina Abeni 2010

venerdì 12 marzo 2010

PRENDIAMO A CALCI IL PRINCIPE AZZURRO: un sogno divenuto realtà grazie a James Finn Garner



Quanti di noi non ne possono più di sentir cantare Biancaneve "Un dì il mio amore verrà", e di vedere Cappuccetto Rosso cadere dalle nuvole alla pancia del lupo in attesa del salvifico cacciatore?
James Finn Garner ha detto "basta" e ha scritto una serie di fiabe "politically correct", dove i diversi e i reietti della società non diventano più martiri o carnefici, ma si uniscono per ottenere la loro autonomia e un giusto riconoscimento.
Nell'ambito delle mie ricerche sulle riscritture postmoderne della fiaba, ho avuto modo di intervistare questo brillante autore e le sue risposte non hanno tradito la sua fama di fine umorista e acuto osservatore della società.


Com'è nata l'idea di Fiabe Politicamente Corrette?

Avevo letto di alcune insegnanti di scuola materna a cui era stato consigliato di modificare le fiabe che leggevano ad alta voce così, per esempio, Cenerentola potrebbe trovare la felicità senza un uomo, e Biancaneve potrebbe trovare alla fine un lavoro pagato. Più tardi venni a sapere che nell'Università del Michigan avevano stabilito un elenco di parole da evitare. Così scrissi una storia che non avrebbe dovuto offendere nessuno e provai a renderla divertente. La raccontai in un cabaret e fu ben accolta e così voila.


Secondo te, qual'è il potere della fiaba oggi?

Una delle cose interessanti delle fiabe, penso, sia la loro universalità. Anche se sono state stravolte e modificate (in modo serio o meno) per la nuova epoca, esercitano un forte potere sulla gente, con le loro storie di pericoli, perdite e ricompense.



In quale modo una storia riscritta può essere originale e comunicare nuovi significati?

Le storie possono essere comunicative in molti modi. Esse contengono del materiale così di base che basta un piccolo cambiamento di direzione per cambiarne il significato pur mantenendo la coerenza della trama. Se decidi di scrivere una fiabe sulla giustizia sociale, per esempio, puoi modificare La Piccola Fiammiferaia e salvarla dalla sua povertà o renderla più forte grazie a qualcosa che l'aiuta a cambiare la propria vita.


Quale fiaba offre maggiori possibilità di sovversione creativa?

Le sovversioni più creative provengono dalle storie a noi più famigliari- probabilmente quelle dei fratelli Grimm- perché esse sono ben note, ognuno di noi ha un'idea generale (vera o meno) su ciò che raccontano. Penso che le storie di Andersen siano in molti casi le più ardue da adattare. In realtà non ha un'idea di fondo su quelle che possano le versioni “classiche”, al di là delle fiabe dei Grimm.



Cosa pensi della concezione tradizionale e disneyana della fiaba?

Generalmente ho dei sentimenti controversi nei confronti delle versioni Disney. Hanno reso delle storie immortali per milioni di persone ma, allo stesso tempo, in troppi credono che queste siano le loro versioni definitive. Esse sono state anche troppo depurate, anche se questo era stato necessario- potevano dei bambini piccoli sopportare che i piedi di Pinocchio venissero bruciati?


Quale protagonista di fiabe preferisci?

Non so se ne ho uno preferito. Suppongo che mi piacciano davvero Hansel e Gretel perchè sono così astuti da salvarsi da soli. Mi è piaciuta anche l'opera inscenata in teatro quando l'ho vista pochi anni fa.



Esiste una riscrittura di una fiaba che non hai ancora fatto, ma desidereresti realizzare?

Penso di essere riuscita a riscrivere tutte le storie che ho voluto. Ultimamente ho una lunga versione di Pinocchio che era stata tagliata dal secondo libro. Spesso la leggo negli incontri letterari o in altri eventi speciali.


Quale tipo di femminilità emerge dalle tue fiabe riscritte?

Non saprei. Suppongo di volere donne forti e piene di risorse (una reazione contro le eroine passive di ieri) e quando le storie si spiegano, do loro la libertà di essere anche folli, degli individui leggermente insani, così io spero di aver ritratto una femminilità che raggiunge le radici della sua libertà individuale.
Forse vorrei dare un grande calcio nelle parti basse del Principe Azzurro, dichiarazione tipicamente femminista, non importa chi sia a dargli il calcio.



© Sabrina Abeni 2010

domenica 7 marzo 2010

IL VENTO DELL'EST: OVVERO L'INTELLETTO E LA DECADENZA





Normalmente a questo punto, dopo una breve biografia dello scrittore, passerei a un’intervista, ma onestamente non mi reputo sufficientemente di talento per intervistare me stessa…

Per cui vi parlerò semplicemente della genesi di quest’opera, premettendo che è stata forse la più travagliata e sofferta che abbia mai scritto.

Tutto iniziò a metà del 2006: non scrivevo più da diversi anni, in parte per gli impegni universitari, ma soprattutto a causa dell’incubo di ogni scrittore, un ingombrante e asfissiante blocco.

In quell’anno avevo però dato tutti i miei esami all’università e mi stavo dedicando solo alla scrittura della tesi, per cui ogni tanto il mio cervello vagava libero e senza alcuna preoccupazione (condizione ottima per la nascita di nuove idee), finché un giorno vi si affacciò un’insolita immagine. Una donna sola, in un vicolo sporco e buio, in piedi sopra una spirale rossa disegnata sull’asfalto, mentre un’ombra incombeva alle sue spalle.

Da quest’unica e poco rassicurante visione si è dunque sviluppato Il Vento dell’Est.

Per la prima volta mi è capitato che alcuni miei personaggi prendessero il sopravvento e conducessero la storia a modo suo, tanto che alla fine si è rivelata un’opera molto diversa da quella che avevo progettato inizialmente; ho iniziato a provare una certa antipatia per quelle figure che avrebbero giocare la parte dell’”eroe”, a innamorarmi di altre che avrebbero dovuto invece essere marginali.

Per cui sono stata io la prima a stupirmi della piega che ha preso la trama.

Se dovessi definirne il genere con precisione sarei in seria difficoltà, non solo perché non sono mai stata propensa alle etichette, ma soprattutto per l’amalgama di generi e sotto-generi che pare abbracciare.

Dal thriller poliziesco al gotico rurale, dal romanzo visionario a quello di formazione, questo romanzo sembra piuttosto un’enorme macchina testuale che ha ingoiato tutte le mie varie esperienze di lettura elaborandole e vomitando fuori una trama destabilizzante e fluttuante tra un opposto e l’altro.

Una specie di schizo-macchina deleuziana del desiderio che ha ronzato e sbuffato per due anni…




IL VENTO DELL`EST
Ovvero l`intelletto e la decadenza

di SABRINA ANTONELLA ABENI


Libro Bianco & Nero
Formato 14,8 x 21 (A5)
Copertina Morbida
Pagine 233
Editore Boopen
Lingua Italiana
ISBN 978-88-6223-354-5



Prezzo € 12.99


http://www.boopen.it/acquista/DettaglioOpera.aspx?Param=7816&NClick=346




































Come può un intelletto complesso e raffinato desiderare fino al punto di corrompere se stesso? E' la domanda che sorge durante la lettura di questo libro. In una piccola e tranquilla località di provincia, una serie di efferati e inspiegabili omicidi risveglia un oscuro passato che, ciclicamente, turba la noia della quotidianità rurale. Un atipico e cinico ispettore di polizia si trova a dover dipanare questa complessa matassa, affascinato e insospettito da un triangolo di personaggi raffinati e tormentati: Sara Cividini, la cui famiglia è stata funestata da un lutto violento, casta e tormentata da rimorsi e desideri, Davide Merlani, professore universitario, fedifrago pentito dopo la perdita cruenta della moglie, Damiano Sarli, personaggio colto e con una sua personale filosofia di vita basato sull’estetica di ogni gesto, ambiguo e affascinante. Appaiono contemporaneamente numerose altre realtà di piccoli drammi che si trasformano in tragedie. L'opera diventa così una discesa nei recessi più bui dell'inconscio umano, da cui potrà uscire solo chi avrà il coraggio di guardare in faccia i propri desideri. Atmosfere gotiche, percorsi labirintici, rivelazioni visionarie sono gli elementi che caratterizzano questo romanzo

martedì 9 febbraio 2010

ORIZZONTI OSCURI: L'ARTE DI KRIS KUKSI.

di Jason V.Brock (traduzione di Sabrina A. Abeni)





Nel mondo delle belle arti Kris Kuksi si è fatto un nome completamente da solo. Pittore e scultore eccellente, Kuksi ha studiato con i più famosi surrealisti, come Robert Venosa e il prof. Philip Rubinov-Jacobson, entrambi allievi dello straordinario prof. Ernst Fuchs, uno dei fondatori della Scuola di Realismo Fantastico di Vienna (che includeva anche Arik Brauer, Rudold Hausner e Anton Lehmden). Questa particolare scuola si occupava soprattutto dei temi e delle tecniche utilizzate prima da maestri come Hieronymus Bosch e Pieter Brueghel il Vecchio, e li usavano come spunti per illustrare gli orrori e i fasti del Secondo Dopoguerra, in un modo molto dettagliato, potentemente surreale e con un immaginario a volte erotico.
Il lavoro di Kuksi è apparso in molte gallerie ed esposizioni, vincendo numerosi premi.
Con temi che percorrono l'umorismo nero, la politica, il sesso, la morte e la decadenza, la sua visione del mondo (come in Lovecraft) è decisamente fosca, ma non senza speranza o bellezza (qualità e punto di vista che condivide con altri straordinari artisti come H.R. Giger, De Es, Alex Grey e così via). Molto del suo lavoro riflette l'ansietà e la selvatichezza della condizione umana, dipendente dalla tecnologia, dall'amore e dal fato. Residente in Kansas, Kuksi trascorre molto tempo oltre oceano per le sue esposizioni, e ha molti acquirenti negli Stati Uniti e in Europa che collezionano le sue opere. Un suo lavoro si trova anche nella copertina della nostra nuova antologia, The Bleeding Edge: Dark Barriers, Dark Frontiers.
Visitate il suo sito web, www.Kuksi.com, per maggiori notizie.

Jason V. Brock: Il tuo lavoro è molto accurato- come inizia il processo attraverso il quale crei una nuova opera? Hai un'idea fin dall'inizio o lasci che le cose vengano da sé?

Kris Kuksi: Sì, esattamente come hai detto: alcuni lavori sono progettato fin dall'inizio, mentre altri cambiano e si modificano completamente. Alcuni progetti non vengono mai terminati o vengono assorbiti come porzioni di opera in un altro pezzo... Per cui non c'è un percorso reale da seguire dall'inizio alla fine, ma fin dall'inizio c'è il flash di un'idea che giunge come ispirazione, quel tanto per creare qualche schizzo. In seguito, considero tutte le possibilità e faccio altri schizzi. Quindi raccolgo molti abbozzi per costruire la visione e spero che il lavoro sia magnifico.

Brock
: Quali differenze ci sono tra il processo di costruzione di un assemblaggio e il dipingere? Quale delle due forme di espressione preferisci?

Kuksi: Preferisco la fase di costruzione di un assemblaggio piuttosto che dipingere. Penso che la la pittura sia un po' come la morte del lavoro artistico; comunque mi piace dipingere cose che sono oggi delle sfide tecniche. So nel mio profondo di essere soprattutto un costruttore, e se potrò costruire questi mondi bizzarri la mia vita sarà completamente soddisfacente!

Brock: Quanto tempo richiede un tipico assemblaggio?

Kuksi: Non posso veramente dirti la quantità delle ore, ma può richiedere da una settimana a un mese. È difficile da dire: alcuni pezzi richiedono solo una settimana, ma posso utilizzare cento ore in quella settimana per farli, che è molto tempo, nonostante si svolga in una sola settimana. È veramente relativo la quantità di lavoro che posso dedicarvi in questo tempo. Ma qui si parla solo del tempo dedicato alla costruzione- servono molte, molte ore per raccogliere e preparare dei nuovi lavori, tempo che si dovrebbe aggiungere a quello speso per la realizzazione.

Brock: Quali sono le tue maggiori influenze, personali o artistiche?

Kuksi: Amo il Bernini, Louis Sullivan, Ernst Fuchs, Robert Venosa e molti altri. H.R. Giger è probabilmente colui che più di tutti ha influenzato il mio lavoro, così come Bosch. Inoltre amo leggere le biografie di personaggi storici, per acquisire una prospettiva più ampia attraverso l'arte e i testi storici, ma vorrei acquisire una nuova voce e una nuova prospettiva in questo mondo e fare quello che posso per l'umanità.

Brock: Cosa fai quando non sei impegnato con la tua arte?

Kuksi: Ho alcuni vecchi amici che visito di tanto in tanto, sono loro stessi esperti artisti. È straordinario trascorrere il proprio tempo con le generazioni più anziane; la loro saggezza e la loro conoscenza sono una grande fonte d'ispirazione per me e per il mio lavoro. Suono la chitarra e mi piace inoltre guardare i tramonti e il cielo di notte. Non guardo mai la televisione, però mi piaccioni i documentari.

Brock: Cosa ti piace e ti eccita di più del tuo lavoro?

Kuksi: Mi piace il fatto che il mio lavoro sia circolato così bene nel mondo e nel web. È bello sapere di avere dei fan in tutto il mondo, ho sentito che sono molto famoso in Brasile! Ma forse quello che meno mi piace sono le scadenze e i rinfreschi nelle gallerie. Ho avuto diverse offerte di esporre qui e là ed è veramente difficile stare dietro a tutto, così ho dovuto dire di no molte volte e dà davvero fastidio capovolgere alcune cose. Suppongo che se fossi un robot, non avrei nessun problema in questo!

Brock: Conosco la sensazione... E riguardo ai tuoi prossimi progetti o esposizioni?

Kuksi: Ho sempre in mente dei lavori su larga scala. Voglio fare questo per le esposizioni del 2010. esporrò a San Francisco in marzo e speriamo all'Art Basel in giugno. Inoltre presto uscirà il mio primo libro, pubblicato da Jon Beinart (www.Beinart.org), che risiede in Australia e ha curato i libri Metamorphosis 1 e Metamorphosis 2 e anche il nuovo libro di Laurie Lipton. Così tutto va avanti, ed è veramente eccitante per me vivere la vita che vivo, nel bene e nel male.

Brock
: Cos'altro vorresti comunicare ai tuoi fan e alla gente che ama il tuo lavoro?

Kuksi
: Ascoltate il vostro Io interiore. Non soccombete ai desideri materialistici. Rigettate le norme. Rigettate le imposizioni e le credenze che gli altri vorrebbero voi aveste e che non vi piacciono. Imparate dalla storia. Siate responsabili delle vostre azioni e non date la colpa agli altri. E guardate sempre il lato positivo della vita!!!

Brock
: Un pensiero finale?

Kuksi
: Continua nel prossimo episodio...






Copyright testo © 2009 di Jason V.Brock. Copyright traduzione © 2010 di Sabrina A. Abeni