lunedì 6 agosto 2012

CHI E' PIU' BLUE? DI SABRINA A. ABENI

La giustizia ha le sembianze di un’amorevole fanciulla. Edoardo non può immaginare che la resa dei conti è arrivata e sarà proprio questa dolce fanciulla a esigere il tributo riparatore; la sua stessa vita.
La notte, lungo le calli veneziane, puoi sentire solo te stesso, il lento e ovattato rumore dei tuoi passi sulle pietre, il tuo respiro, mentre l’umidità ti entra fin dentro il midollo. Un uomo di mezz’età, dall’aria imponente e severa, cammina parallelo a un canale, fiero e implacabile, una quercia non piegata dal vento che si sta sollevando sulla città. Sembra non andare in nessuna particolare direzione, indifferente alle sporadiche persone che incontra, all’improvviso rallenta fino a fermarsi, i suoi occhi attirati da una qualche improvvisa apparizione. Seduta su uno scalino che dà sul canale c’è una figura, piccola e piegata su se stessa, che cerca di ripararsi con l’enorme zaino da quell’improvviso vento gelido. L’uomo le si avvicina con circospezione: è una ragazza giovane, molto giovane, dall’aria smarrita. Pare non accorgersi della sua presenza, finché lui non le parla. - Si è persa, signorina? Ha bisogno di aiuto? Si volta a guardarlo, non sembra spaventata da quell’enorme e improvvisa presenza maschile a quell’ora tarda, addirittura balena un’ombra di sorriso in quel volto pallido che contrasta con i capelli scuri, sporcato dal pesante trucco degli occhi che si è sciolto. - In realtà, non so dove andare… Ho speso quasi tutti i soldi per il biglietto del pullman e per un hamburger… La situazione si fa interessante… - Non conosce nessuno qui a Venezia che possa ospitarla? - Veramente no… Non so nemmeno perché sono venuta qua. Una volta, anni fa, ci sono venuta in gita con la mia classe. Ero stata felice…forse per questo ho deciso di tornarci… ma non mi rendevo conto di quanto fosse cara… Nei suoi occhi appare un’ombra di malinconia, è sola, sicuramente fuggita da casa, infreddolita, eppure non sembra intimorita. Forse è abituata a quella vita, probabilmente è anche tossica. Molto probabilmente… - Quanti anni hai? Ne dichiara diciotto, mente ovviamente… non può averne più di sedici. - Come ti chiami? - Veronica… e tu? - Edoardo… Se hai bisogno di un posto dove dormire puoi stare da me questa notte. La ragazza non se lo fa ripetere due volte, deve essere decisamente una sprovveduta ma meglio così. Le fa segno di seguirlo e s’incamminano verso il suo palazzo senza dire una parola. Eh sì, perché di un vero palazzo si tratta, d’epoca, decadente con statue dal marmo corroso dalla muffa che sporgono dai muri esterni, guerrieri dall’aria androgina che impugnano lance o spade. Dà proprio su uno dei canali di Venezia, stretto e olezzante d’acqua e alghe marce, vi si può accedere tramite un portico angusto e buio. Non è nemmeno uno di quei palazzi antichi che, al suo interno, può riservare piacevoli sorprese: gli affreschi, che una volta dovevano aver espresso la vivacità cromatica della scuola veneta, sono sbiaditi e tempestati di macchie grigiastre d’umidità, simili a fiori cancerosi. Il freddo è pungente anche dentro l’edificio, dato che solo un’ala, quella dove l’uomo è solito dormire, è riscaldata; ma anche nelle stanze abitualmente abitate regna una coltre d’umidità, invisibile ma pesante. Eppure la ragazzina si guarda intorno con occhi pieni d’ammirazione, immaginando forse i fasti delle epoche passate. Divora il pasto frugale che le ha preparato, gli avanzi riscaldati della sua cena, come se non avesse mangiato da una settimana; Edoardo si decide a invitarla a lavarsi, dato gli odori poco invitanti che emana il suo corpo adolescenziale e trasandato. Quando la vede uscire dal bagno, avvolta in un asciugamano e lavata dal trucco, conclude che non deve avere più di quattordici anni: non ne ha mai ospitata una così giovane. Eppure più di tutte sembra conscia di ciò che un uomo possa aspettarsi da lei: gli si fa incontro e lascia scivolare l’asciugamano, totalmente inerme e pronta a cedere a ogni suo desiderio. Edoardo si sveglia con ancora l’odore dello shampoo sul cuscino dove lei ha poggiato la testa e il sapore del suo chewing-gum alla frutta in bocca, ma lei non c'è. Naturalmente sa dove sia andata, è inevitabile; anzi, non ha proprio perso tempo: è probabile che più siano giovani più non siano capaci di badare ai fatti loro. Peccato…questa gli era piaciuta particolarmente e si sarebbe potuto divertire a plasmarla secondo il proprio volere. Si aggira per le stanze vicine, quasi sperando di sbagliarsi, di trovarla in bagno, oppure a svaligiare il frigorifero, fosse anche a frugare nelle sue tasche…ma niente. Sembrano avere tutte una bussola, che le porta proprio lì dove non dovrebbero andare. Scende le scale che conducono verso la cantina, un posto sgradevole, umido, ammuffito, con l’acqua stagnante della laguna che penetra a ogni alta marea: non proprio un posto adatto a una graziosa fanciulla. Eppure la porta è spalancata, segno di un intruso indesiderato. Edoardo non si è mai curato di chiuderla a chiave, quello è il suo posto, il luogo della sua ferina virilità che ogni donna dovrebbe ritenere inviolabile; eppure lo profanano sistematicamente, non esiste più rispetto e umiltà tra il genere femminile. Tutte desiderano penetrare come ladre nel suo intimo, per poi rimanere paralizzate dal terrore: non affrontare l’ignoto se non sei attrezzato per farlo, ma loro vogliono sempre immergersi nella melma per poi dire che puzza. Eccola, vestita solo con la sua camicia, con i piedi bagnati dall’acqua putrida, di spalle, ignara di ciò che sta per avventarsi su di lei. Non urla, non singhiozza, sembra intenta a guardare con attenzione il contenuto della stanza, forse è ancora incredula per ciò che i suoi occhi stanno vedendo: i corpi delle altre sgualdrine ficcanaso che l’hanno preceduta sono appesi e lacerati come in un mattatoio, l’odore stantio del canale mescolato a quello dolciastro della carne morta. Edoardo afferra l’accetta posata su un ceppo a fianco all’entrata e le arriva così vicino da farle sentire il fiato sul collo. Veronica si volta verso di lui, stranamente senza trasalire, anzi sorride… Non riesce ancora a decifrare quest’insolito atteggiamento, con l’ascia pendente a mezz’aria, quando una vampata di dolore lo coglie al fegato. Qualcosa lo ha inspiegabilmente penetrato e ferito nel profondo, un coltello, forse un taglierino. L’oscurità scende su di lui, mentre Veronica sorride come una Madonna amorevole Nei suoi occhi c’è un’espressione di dolorosa malinconia e delusione, in essi Edoardo vede se stesso prima di non essere più nulla.

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