venerdì 25 dicembre 2009

Il H.R. Giger Museum: Dove le tenebre sono veramente più veloci della luce




di Jason V. Brock ©2009, traduzione di Sabrina Abeni ©2009.

Gruyères, Svizzera: lo stesso posto- come il suo nome- rievoca immagini di un passato distante; retaggi dimenticati, regni perduti. Lo scenario mozzafiato- nel mezzo delle Alpi, circondato da mandrie di mucche, greggi di pecore e fattoria- rinforza ancora di più l'inconscio desiderio per una vita che pare essere più semplice. Sebbene la Svizzera sia conosciuta per la sua precisione nella produzione di coltelli e orologi, e per la sua attività bancaria, qui non sembrano avere più significato né il denaro né il tempo... Certamente qui c'è del buon cibo (la cioccolata svizzera conosciuta in tutto il mondo e la fonduta che è un'invenzione gastronomica svizzera).
Ma qui c'è anche un altro importante prodotto d'esportazione svizzero: H.R. Giger. Il brillante surrealista, originario di Chur, è indubbiamente uno dei più grandi artisti degli ultimi cinquant'anni. Divenuta celebre grazie al film Alien, la fertile e inquietante immaginazione di Giger trova le sue radici sia nel paese di Carl Jung che negli Stati Uniti, nel lavoro del più cosmico degli autori americani, H.P. Lovecraft.
Con un background in design industriale, le radicali immagini e il lavoro profondamente personale di Giger sono unicamente legate ai suoi particolari modi di espressione: l'aerografo e la scultura. A lungo sinonimo di bellezza oscura, la sua arte visionaria ha raccolto un incalcolabile numero di riconoscimenti ad Hollywood, compreso l'Oscar per aver creato Alien, insieme ad altre numerose creature da incubo per il cinema. Se l'imitazione e la forma più sincera di adulazione, i numerosi e inferiori cloni di Giger sono il noioso testamento di un uomo dal singolare genio, anche tra i suoi pari.
Mia moglie, Sunni, e io abbiamo avuto l'occasione d'intervistare H.R. Giger (accompagnato da Carmen, la sua adorabile moglie) in vista di un documentario che abbiamo intitolato Image, Refl ection, Shadow: Artists of the Fantastic (uscito nel 2010 e prodotto dalla JaSunni Productions, LLC). Il film traccia le origini di un certo immaginario- cominciato con maestri del Rinascimento come Bosch e Brueghel il Vecchio- durante i secoli, con Goya, Böcklin, fino ai surrealisti e ai nostri tempi (con Ernst Fuchs e la Scuola di Realismo Fantastico di Vienna) e oltre. Vi sono anche inclusi altri luminari, come Robert Venosa, Joe Coleman, Robert Williams, Roger Dean e altri.
In vista di questa impresa, noi abbiamo intrapreso il percorso dagli Stati Uniti fino all'Europa, trascorrendo alcuni giorni in Svizzera per l'incontro programmato con questo maestro moderno, organizzato dal suo consigliere Les Barany.
I nostri viaggi ci avevano portato lontano: dalla Louisiana a Parigi, da New York a Praga. Adesso noi eravamo finalmente arrivati in Svizzera (dove nei primi giorni avevamo fatto una straordinaria intervista al terribile scultore/architetto Bruno Weber) e stavamo per fare una visita al H.R. Giger Museum a Gruyères.
Fu una rivelazione.
Vedere il lavoro di Giger- anche solo uno dei suoi enormi quadri- fa perder la testa: è come vedere che ogni parte della propria vita sia strabordante. Giger è un gentleman, divertente, ma anche serio. La sua arte, comunque, è perturbante; delicata e raffinata ma anche potente, erotica fino a diventare pornografica, ma anche intimidita da questo. È appassionata, spaventosa e disturbante.
Ogni pezzo del museo ha un'aria di famigliarità, le immagini sono state riprodotte molte volte durante gli anni in ogni tipo di libro e giornale. Le opere ad aerografo sono magistrali, tecnicamente sorprendenti, e raccapriccianti. I suoi lussuriosi lavori per il cinema sono incredibili e stranianti, mischiano l'organico e il meccanico in un'ibrida sintesi della vita: quello che Giger chiama i suoi “Biomechanoids”. Ma, secondo me, i suoi migliori lavori sono le sue sculture: sono perturbanti, meravigliosamente realizzate, dai concetti forti e perfettamente eseguite.
È facile perdersi nella mente di Giger, anche se quello che viene rivelato lì è veramente rivelato: esso scaturisce direttamente dall'osservatore. Dal momento che abbiamo bisogno di entrare in contatto con questo aspetto dell'Io (e non lo reprimiamo, né lo neghiamo), è difficile non vedere che Giger necessita che il suo pubblico osservi le sue creazioni- in modo che possano liberarlo: ciò chiude il cerchio tra creatore e spettatore, amore e odio, vita e morte. (Noi abbiamo notato questo ancora e ancora alla mostra di Giger tenutasi a Vienna alla KunstHaus Wien, mentre eravamo in Europa- la reazione dell'osservatore alle idee dell'immaginatore, che Lovecraft avrebbe chiamato “the dreamer”, furono da prima repulsione, quindi curiosità e alla fine attrazione.
A un lato del Giger Museum c'è il Giger Bar, un luogo espositivo con elementi dal design pratico e arredato nella tradizione di Giger. Gli abitanti locali, molti di questi degli anziani galantuomini, vengono qui a indulgere nei loro quotidiani rituali con caffè e meringhe. Potrebbe essere una scena qualunque di una qualunque piccola cittadina del mondo occidentale, tranne che per le sedie prese dal progetto di collaborazione di Giger (insieme a Dan O'Bannon) con lo sfortunato Dune di Jodorowsky; muri decorati per sembrare l'intricato scheletro di un enorme serpente; pavimenti il cui design s'ispira ai bassorilievi, bizzarri e massicci tavoli dalla foggia di teschi; separé con i contorni di teste di bambini; arredamenti che sembrano usciti fuori dai più oscuri sogni di Lovecraft.
Lo scenario del Giger Bar, assommato all'intera esperienza di terrificanti locali , dona un'atmosfera surreale all'intero posto: essi sono tutti un po' epici, claustrofobici, dolorosi, energici, crudeli, bellissimi, affascinanti e stupefacenti come una visita al Taj Mahal, al Museo dell'Ermitage, alla Grande Muraglia o sulla superficie della luna...
L'essenziale è non perdersi.

DARK DISCOVERIES

JASUNNI

sabato 5 dicembre 2009

LA FANCIULLA SENZA MANI E IL VIAGGIO DELL'EROE

di Midori Snyder(traduzione di Sabrina Abeni)



Nelle narrazioni eroiche c'è sempre un giovane uomo che lascia la propria casa natale e si avventura nel mondo sconosciuto dove lo attente il fantastico per sfidarlo. Durante il viaggio viene testato il suo valore come uomo ed eroe. Ma quando sono state affrontate tutte le prove, ritorna di nuovo a casa trionfante, portando nella sua società nuove scoperte e conoscenza, la maturità e spesso una sposa magica. La trasformazione da giovane uomo in un adulto responsabile viene confermata quando l'eroe sposa la sua magica sposa e assume il controllo del regno.
I viaggi delle giovani donne non sono meno eroici, sebbene siano differenti. Nei racconti popolari, il rito di passaggio dall'adolescenza alla maturità viene confermato dal matrimonio e dall'assunzione dei ruoli da adulti. Nelle tradizionali società esogamiche, alle giovani donne viene richiesto di lasciare per sempre la casa natale e di diventare spose in luoghi stranieri e a volte molto lontani. Nei racconti popolari, la fanciulla si avventura o viene catapultata nell'ambiguo mondo del fantastico, sapendo che non farà più ritorno a casa. Invece, alla fine del suo pericoloso e solitario viaggio, arriva a un nuovo villaggio o regno. Qui, travestita da una serva con il viso sporco, da ragazza addetta alle scuderie o alla cura delle oche, completa la sua iniziazione come adulta e, come la sua controparte maschile, porta alla sua nuova comunità i doni della conoscenza, della maturità e della fertilità.
Nel linguaggio dei racconti popolari le idee astratte sono rappresentate da immagini concrete ed emozionalmente evocative. I tradizionali narratori di storie utilizzano degli eventi terrificanti per ricreare l'esperienza emozionale del dolore e dell'abbandono, nella quale la giovane donna non è solo mandata a compiere un viaggio lontano da casa, ma le viene anche preclusa ogni possibilità di ritorno. Nel motivo del “La Fanciulla senza mani” la ragazza viene mutilata da un membro della famiglia di cui si fidava e poi mandata via nella foresta come un animale. Non può più esserci ritorno nella casa d'infanzia, poiché è stata corrotta da una simile crudeltà. La fanciulla deve dirigersi verso una nuova destinazione, dove potrà ricostruire non solo le sue mani mozzate, ma anche la sua identità come donna adulta.
Il mio primo approccio con “La Fanciulla senza mani” fu la lettura di una suggestiva versione Xhosa del racconto, cioè “Il padre che tagliò le braccia alla figlia”, raccontata da Nongenile Masithatu Zenani, una narratrice Xhosa del Sud Africa, la fiaba era stata tradotta da Harold Schueb. In questa versione un padre vedovo sceglie di non risposarsi e delega alla giovane figlia il compito di occuparsi della faccende domestiche di cui prima si occupava la moglie. Quando la figlia raggiunge la pubertà, il padre cerca di costringerla ad assumere anche il ruolo sessuale della moglie defunta. La ragazza rifiuta immediatamente le sue avance, scoppiando in un rumoroso pianto che rischia d'essere udito dai vicini. Il giorno dopo il padre la porta dentro il bosco. Ancora una volta le chiede di fare sesso con lui. Quando ella rifiuta nuovamente, le taglia le braccia con un coltello e la lascia a morire nel bosco. Sanguinante e dolorante, la ragazza soffre in solitudine finché la fame la costringe a riprendere il cammino. Stordita, comincia a vagare attraverso un “foresta senza fine, salendo e scendendo”.
Finalmente la fanciulla senza braccia raggiunge un muro di cinta. Dopo essere caduta sulle sue ginocchia, striscia attraverso un buco nel muro e rotolo dentro il giardino dove si nutre, come un animale, di grano e pesche caduti. Per tre giorni, incapace di rialzarsi senza le sue braccia, rotola nel giardino mangiando dal terreno, finché dei servi la scoprono, sporca e coperta di fango, e la scambiano per un maiale selvatico. Essi stanno per sguinzagliarle i cani contro, quando i suoi pianti li fermano. Alla fanciulla senza braccia viene richiesto di raccontare la storia del crimine di suo padre per tre volte prima che sia soccorsa e portata in casa. Una volta lavata, la famiglia si accorge che, anche senza braccia, la ragazza è bellissima, e viene subito data in sposa al loro figlio. All'inizio questa pare una soluzione, soprattutto quando ella mette al mondo un bambino, ma gradualmente sorgono dei problemi. Senza le braccia, la madre novella non può attendere ai lavori domestici di una donna e i suoceri cominciano a lamentarsi. Vorrebbero che il figlio prendesse una seconda moglie più adeguata, ma lei rifiuta. Quando il marito lascia la città in cerca di un lavoro, i suoi parenti gli scrivono una lettera, fingendo che sia sua moglie a farlo, dove si afferma che lei sia nuovamente incinta, ma da un altro uomo. La giovane donna, ignara della lettera contraffatta, riceva due risposte. La prima in cui il marito le chiede di sapere di più riguardo a quell'inattesa gravidanza. La seconda arriva subito dopo la prima. Questa è scritta da suo padre che, avendo saputo che sua figlia è sopravvissuta, si finge suo marito e minaccia di carbonizzarla se rimarrà a casa. La donna e perfino i suoi suoceri sono preoccupati dalla lettera minacciosa e con riluttanza i suoceri legano il bambino alle spalle della madre e le permettono di lasciare la casa.
La giovane donna ritorna dunque nel bosco e incomincia un secondo viaggio, salendo e scendendo nella foresta infinita finché, stanca e assetata, arriva a un lago. Quando si china goffamente per bere, preoccupata che suo figlio possa scivolarle dalle spalle e affogare, appare un uccello magico che, con uno spruzzo con ciascuna ala, le ridà le braccia. Intera e capace di fare da sé ogni cosa, la giovane madre felicemente si prende cura di suo figlio: dà da mangiare al bambino, si lava, si veste e quindi culla il figlio tra le sue braccia nuovamente riacquistate. E quando è soddisfatta ritorna, col bambino in braccia, non dal marito, ma dai suoi vicini. Quindi attende che i suoceri sappiano del suo ritorno e che vengano a farle visita. Stupefatti dalla sua trasformazione, essi implorano il suo perdono e desiderano solo scrivere per conto suo al loro figlio. Ma il giovane uomo è già sulla strada di casa, preoccupata per la moglie e il figlio, convinto che qualcosa di terribile sia accaduto. Presto l'imbroglio delle lettere contraffatte viene svelato e il marito dichiara il proprio amore per la moglie.
Il motivo del “La Fanciulla senza Mani” mi ha accompagnato per molti anni e ho cominciato a cercare le altri versioni,e sono stata sorpresa dalla diffusione di questa complicata e violenta storia. Ne esistono versioni in tutto il mondo come “La ragazza senza mani” in Germania, “La ragazza con le mani mozzate” in Francia, “Oliva” in Italia, “Donna Bernarda” in Spagna, “La dama senza braccia” in Russia, “La ragazza senza braccia” in Giappone, “Acqua che sale, uccello che parla e albero che piange” nella Louisiana francese e molte altre. Mentre alcune sono meno sessualmente minacciose, molte sono anche più cruente della versione Xhosa: padri e fratelli mozzano gli arti di giovani fanciulle, o per la rabbia o come riscatto da consegnare al Diavolo. La ragazze possono sopravvivere nei boschi, qualche volta confortate dagli animali, o diventano loro stesse mezzi animali rotolando sul grano caduto o allungando il collo per cibarsi delle pere dall'albero del principe. Lì trovano la salvezza quando il principe scopre la ragazza sotto il fango e i capelli aggrovigliati e prova pietà per quel bellissimo viso. E dopo ci sarà sempre qualche complicato intrigo nel mezzo della storia, lo scambio delle lettere contraffatte che costringendo la donna senza braccia a ritornare nella natura dove avverrà l'atto finale del suo percorso d'iniziazione.
È una narrazione con uno strano singhiozzo nel mezzo. La brutalità della scena d'apertura sembra essere risolta quando la dama senza braccia è salvata nel giardino e quindi si sposa con un uomo o principe compassionevole. Ma non ha ancora completato il suo percorso di trasformazione dall'adolescenza all'età adulta. Non è intera, non è né la ragazza né la donna che è destinata a diventare. La narrazione rende chiaro il fatto che senza le proprie mani ella è incapace di assumere il suo ruolo di adulta, non può fare nulla per se stessa, nemmeno prendersi cura del proprio figlio. Attraverso lo scambio di lettere contraffatte, il conflitto è introdotto nel racconto per far intraprendere nuovamente alla ragazza il sui percorso d'iniziazione nel bosco. Qui il fantastico la risana, la purifica nelle acque del lago e lei rinasce come donna. Tutte le versioni si concludono con quello che effettivamente è un secondo matrimonio. La donna, di nuovo integra, con le braccia ridate da un atto di magia, è diventata lei stessa una sposa magica, allineata con con il potere creativo della natura. Non ritorna immediatamente dal marito, ma lo attende con il figlio nella foresta o in una casa di vicini finché lui non la trova. Quando egli giunge a proporle una secondo matrimonio, si tratta di nozze tra pari, basato sul rispetto e non sulla pietà.
Sebbene io ritenga che il motivo del “La Fanciulla senza Mani” riguardi i riti femminili di passaggio verso l'età adulta, si avvertono all'interno della storia gli echi dell'abuso. L'eroe maschile può essere impoverito o temporaneamente derubato dei suoi diritti dinastici, ma raramente vengono mutilati per vendetta prima d'intraprendere i loro viaggi. I narratori conoscono bene la costante e latente paura e minaccia della violenza che circonda la vita delle donne nelle loro comunità, dall'infanzia fino all'età matura. Lo sfruttamento di queste terribili immagini nella narrativa può essere estremo, ma rappresenta la trama oscura ottenuta dall'unione delle esperienze femminili. Noi siamo disgustati e indignati dalle azioni brutali non perché questi eventi non potrebbero mai accadere, ma perché essi accadono frequentemente. Il fantastico emerge prontamente nella storia per attutire magicamente il dolore della mutilazione, e porta il pubblico lontano dall'orrore dell'evento e dentro il percorso di realizzazione del Sé. Sebbene il terrore generato dall'attacco sia breve, la ragazza rimarrà mutilata a lungo, e ciò ci riporta al continuo doloroso isolamento che tale disgrazia infligge. Coloro che sopravvivono a un abuso conoscono bene questo isolamento, sia si tratti di un bambino spogliato dalla sua innocenza , sia di un adulto incapace di superare il timore del tradimento e di fidarsi dell'amore di qualcun altro.
È necessario compiere atti di auto-determinazione e potere per ricreare un senso d'integrità dopo l'abuso. In una versione bretone del “La Fanciulla senza Mani”, l'eroina è mutilata dal fratello in un cespugli di rovi e parla chiaro contro il crimine con la calma fiducia in sé di un profeta. Senza braccia e sanguinante, gli dice la spina che egli ha calpestato potrà essere rimossa solo dalla sua mano. In questo momento d'intenso dolore e tradimento lei è capace di avere una visione della sua vita ritornata integra. È per di più ha una visione del suo perdono di questo terribile crimine. La narrazione non riguarda la sua sopravvivenza come vittima, ma piuttosto il suo percorso come una viaggiatrice pienamente consapevole della propria destinazione.
Il bisogno di reintegrazione e riconciliazione non si trova solo in questa versione bretone del “La Fanciulla senza Mani”, che impiega il motivo del rovo. Coloro che abusano sono a loro volta isolati dalla vergogna e dalla brutalità dei loro atti violenti. Il fratello nella versione del rovo sopravvive a malapena durante l'assenza della sorella, il suo corpo è imprigionato e trafitto da un groviglio di rovi che crescono dalla prima spina che gli ha ferito il tallone. Quando la dama senza braccia ritorna per adempiere alla sua profezia, la sua trasformazione da ragazza a donna che possiede il potere creativo è confermata quando libera il fratello dalla prigione di rovi con il solo tocco delle sue mani ripristinate. Nel fare ciò, ella rimuove per sempre il segno corrotto della violenza, permettendo a entrambi di continuare lo loro nuove vite, svincolate dal passato.
La Fanciulla senza Mani continua a vivere nell'immaginario dei narratori moderni, ma come qualcosa di molto diverso di una ragazza colta nel mezzo di un complesso rito di passaggio verso la maturità e il matrimonio. Diventa un'icona dei pericoli di un cambiamento, della minaccia della violenza che circonda le vite delle donne, e della nostra eventuale resistenza a subire il processo di trasformazione. Sia che lo scegliamo per noi stessi o che lo subiamo a causa delle circostanze, il cambiamento richiede sia un atto di distruzione, un taglio col passato, che un atto di raggiungimento, qualcosa di più della fede, di un futuro immaginato. Ma questo percorso, composto di momenti pericolosi e distruttivi, parla in modo eloquente della reale possibilità del fallimento e della minaccia di rimanere permanentemente feriti. Lo scambio delle lettere contraffatte denigra la vita della giovane madre e il suo successo creativo rappresentato dalla nascita di suo figlio. Se lei credesse a queste lettere, dovrebbe accettare il fatto d'essere immeritevole e diventare complice nella propria deumanizzazione. Se capitola davanti alla voce esterna dell'autorità, rinuncia al rischio di trasformazione, rimane monca, alienata dalla sua parte veramente creativa.
Nel suo poema Girl Without Hands, Margaret Atwood richiede al lettore di esaminare il suo vaggio dimenticato attraversi l'uso della seconda persona. Il “tu” è rivolto a una moderna donna professionista che cammina verso il lavoro, nonostante "the sunlight pouring over/ the seen world," non si accorge di essere parte del mondo. Rimane chiusa in un circolo ("you have made, that clean circle/ of dead space you have made") ritenendosi sicura in questa prigione stagnante. Solo la ragazza senza mani può capire cose significa essere isolate, così lontane dal tocco di una piena e autentica partecipazione nella vita. Ma come il “tu” del poema, la ragazza senza mani della Atwood è mutilata, una ragazza che ha "Everything bled out of her" e che ti può raggiungere solo con le sue "absent hands" per offrirti conforto. Il poema tradisce la promessa di reintegrazione dei narratori, scegliendo invece di simpatizzare con coloro che sono rimasti psicologicamente mutilati.
Ma senza il dono finale di reintegrazione, rimane solo la brutale e orribile violenza della storia. La scioccante metafora della mutilazione tipica di questo racconto emerge con selvaggio realtà nella guerra civile in Sierra Leone nel 1990. Si tratta di una logorante e lunga guerra che ha ucciso più di 50,000 persone, allontanato più di 500,000 rifugiati, e ha causato inenarrabili atrocità tra la sua gente, producendo una nazione di donne senza braccia. L'esercito ribelle del RUF, di cui soldati reclutati sono bambini che a loro volta sono stati vittime traumatizzate, propugna una campagna di mutilazione dei civili, anche tagliando le mani e gli arti ai bambini ai loro primi passi. Oggi, sebbene la guerra sia finita e sia stata stabilita una commissione per la Verità e la Riconciliazione per individuare questi crimini di guerra la situazione delle donne in Sierra Leone rimane disperata come non mai. La povertà, l'analfabetismo e la vergogna associata alle violenze sessuali e alle mutilazioni rende difficile immaginare una società reintegrata nella sua completezza. Eppure ci sono spiragli di speranza. La recente elezione di Ellen Johnson–Sirleaf come presidente della Liberia, uno stato che aveva partecipato alla guerra civile in Sierra Leone, che la rende la primo presidente donna d'Africa, ipotizza la possibilità di un cambiamento di vita per le donne dell'Africa occidentale. Ma come nella fiaba, questo secondo viaggio, dopo un interludio di parziale risanamento, rimane una strada pericolosa, affollata da donne ferite e bambini traumatizzati, la loro ricerca di giustizia rappresenta solo il primo passo per la creazione di una pace genuina. Per molte donne della Sierra Leone solo l'intreccia tra educazione e sviluppo politico potrebbe portare il risanamento e una seconda possibilità.
La Fanciulla senza Mani, nonostante la sua vulnerabilità, la sua storia violenta e il suo arduo e solitario viaggio, ha anche ispirato uno spirito meravigliosamente ribelle e ringiovanito nelle nuove interpretazioni della fiaba nella poesia moderna. Nel sensuale poema di Rigoberto González, The Girl With No Hands,è una di quelle rare creature, una donna incantatrice. La ragazza paragona le sue mani tagliate alle portafortuna zampe di coniglio essiccate, ma progetta la propria vendetta. Questa è una furba ragazza senza mani: "Resolute, you age with ingenuity, learning to eat/ right off the branch, nibbling apple, apricot, and pear without separating fruit from stem." Trova il piacere e il sesso nel giardino con il figlio del cacciatore: "the piano that's played with elbows and knees and four clumsy/ heels that for all their random reaching make the sweetest rhythms." La ragazza senza mani non teme suo fratello, ma piuttosto trova la propria forza nel proprio cuore astuto con “delectable defiance." Non solo lei può crearsi da sé un secondo paio di mani, ma soprattutto lei ha "legs, torso, head, and a bear trap of a jaw to bite the hands that feed her."
In Conversation With My Father, Elline Lipkin parla di un'astuta e saggia ragazza che non vuole permettere al padre di tagliarle le mani. Va in un negozio di ferramenta, un mondo considerato maschile, per acquistare un trapano. Qui, in mezzo a minacciosi utensili con “metal shapes that brag of power” riflette sul suo rapporto col padre, su come sarebbe stato più facile se fosse nata, come la dea Atena, scaturendo dalla mente del padre come "sweep of clean logic." Ma lei non è Atena e suo padre l'ha formata come qualcosa di più fragile: una Pollicina, o una ragazza dalle precarie braccia di porcellana. Nella forte violenze della fiaba, è il padre che taglia le mani alla figlia perché lo desidera, ne ha bisogno. Ma in questo poema la donna che avrebbe dovuto perdere le braccia rifiuta di accondiscendere. Non vuole permettere che l'essenza della natura propria della sua identità adulta inizi tramite un atto di potere ai suoi danni. Afferma che "each pointed finger is my true weapon,"rifiutandosi di permettere al padre di immortalare un momento decisivo della sua vita attraverso la mutilazione delle sue mani. Nelle versioni tradizionali del racconto l'atto violento è essenziale per separare la ragazza dalla sua casa e dalla famiglia, costringendola a intraprendere il suo percorso di maturazione. Ma la moderna ragazza senza mani ha cominciato a chiedersi se noi dovremmo permettere che le nostre vite siano determinate da tali esterni atti di potere, atti che enfatizzano la nostra vulnerabilità piuttosto che le nostre forze personali.
Ho cominciato a pensare che narrazioni brutali come quelle su La Fanciulla senza Mani parlino alle donne non solo quando sono giovani e poste fuori da questo primo rito di passaggio, ma anche attraverso tutta la loro vita. In Donne che Corrono con i Lupi, la psicologa Clarissa Pinkola Estés presenta un'affascinante analisi di questa fiaba, dimostrando il ruolo guida assunto dal motivo delLa Fanciulla senza Mani nella vita psicologica di una donna:
"La Fanciulla senza Mani" parla dell'iniziazione delle donne nel bosco sotterraneo mediante il rito della resistenza. La parola "resistenza" pare voler dire “continuare senza sosta”, e se rientra nei compiti previsti nel racconto, significa anche “rendere forte, robusto, vigoroso e risoluto”, ed è questo il punto fondamentale della storia, e del carattere generativo della lunga vita psichica femminile. Non andiamo avanti tanto per andare avanti: stiamo facendo qualcosa.

Quello di seguire l'esempio della fanciulla senza mani è un invito a tagliare via le vecchie identità e distruggere le abitudini attraversando ancora e ancora la foresta. Qui potremmo incontrare ogni volta nuove identità che ci attendono. Nella fiaba la fanciulla senza mani si siede sulla riva di un lago che le ridà la sua interezza, dove impara ad accarezzare e prendersi cura di suo figlio, quelle manifestazioni fisiche del suo potere creativo. Ogni volta che seguiamo la fanciulla senza mani lei ci mette di fronte al nostro Io creativo. In un'intervista con Vicci Bentley per il Poetry Magazines.org.uk, il poeta Vicki Feaver discute l'influenza che la fiaba del "La Fanciulla senza Mani" ha sulla sua scrittura:

Ho letto un'interpretazione psicanalitica fatta da Marie Louise von France nel libro, Il femminino nelle fiabe, in cui s'ipotizza che la storia rifletta il modo in cui le donne tagliano via le proprie mani per vivere le loro vite attraverso i potenti e creativi uomini. Hanno bisogno di andare nella foresta, nella natura, per vivere da sé, per recuperare il proprio potere. Il bambino nella storia rappresenta la creatività della donna che solo la donna può salvare.

Usando la voce della madre risanata nel suo poema “La dama senza mani”, Feaver celebra la rinascita della creatività della donna. Ritornata alla propria interezza, la giovane donna siede sulla riva, riscopre il piacere di prendersi cura del bellissimo bambino. Ma appena il bambino si addormenta "her heat passing/ into my breast and shoulder/ the breath I couldn't believe in," la nuova madre comincia a piangere, ricordando il doloroso viaggio che ha intrapreso per raggiungere questo fiume. Ma il poema termina trionfalmente, anche se ricorda tra le lacrime che "my hands that sprouted/ in the red–orange mud" queste sono le stesse mani che "write this, grasping/ [the child's] curled fist." La dama senza mani è diventata la poetessa che, articolando il proprio processo creativo, raccoglie i frutti di questo lavoro attraverso il figlio. Feaver scrive, “Alla fine ho scelto la voce della Dama senza Mani stessa- come se stessi scrivendo il poema con quelle mani ricresciute in quel momento, che anno salvato la sua opera, suo figlio... Mi sembrava di avere attraversato lo stesso processo infinito di tagliare via le mie mani e vederle poi ricrescere”.
Alla fine questo potrebbe essere la più illuminante lezione della fanciulla senza mani. Ella c'insegna non di aver paura; perché anche se siamo ferite, a volte abbandonate, c'è una forza nel nostro potere di riportare noi stessi all'interezza- non una sola volta ma più volte durante la nostra vita. C'illumina sui passi necessari da fare quando ci troviamo di fronte a soluzioni parziali, permettendoci di fare esperienza, attraverso le immagini della fiaba, degli effetti stagnanti della nostra capitolazione. Ha viaggiato con noi durante quei periodi in cui ci siamo avventurate nel bosco, con il bambino sulle sue spalle come segno delle nostre nuove e vulnerabili identità. Ed ella è qui a testimoniare il momento del nostro risanamento, quando finalmente allunghiamo le nuove mani verso le nostre voci, le nostre vite e il nostro futuro.


L'autore: Midori Snyder è l'autrice e co-direttrice con Terri Windling dell'Endicott Studio, e del Journal of Mythic Arts. Scrittrice, poetessa,saggista, i suoi libri sono stati pubblicati in inglese, francese e olandese. Per più informazioni, visitate il suo sito In the Labyrinth.

Copyright testo © 2006 di Midori Snyder. Copyright traduzione © 2009 di Sabrina Antonella Abeni

venerdì 4 dicembre 2009

CHRIS DYER: LO SKATEBOARDER VISIONARIO


Chris Dyer è cresciuto a Lima, dove ha vissuto fino ai 17 anni, occupato in attività come il surf, lo skateboard e l'estremo fanatismo per il calcio (insieme alla sue ex gang, SepUlcro). Quindi ha lasciato il Perù per il Canada ed è andato a studiare all'Art College, dove ha tranquillizzato il suo animo inquieto con esperienze come il giardinaggio. Ora vive a Montreal, dove afferma di continuare il suo percorso verso la realizzazione di sé.
La sua arte è strettamente legata alla sua passione per gli skateboard, lavorando anche per ditte che li producono, disegnandone la grafica.
Per quanto riguarda la sua carriera artistica, ha esposto, sia in mostre collettiva che personali, in paesi come il Perù, il Messico, il Belgio, a San Francisco, Seattle, nella Britisch Columbia, a Toronto, a Quebec City e a Montreal.
Chris è anche un grande viaggiatore e ha visitato 24 diversi stati nel mondo; asserisce infatti che tutti questi viaggi lo abbiano arricchito culturalmente. Si ritiene ormai un unico corpo con l'Assoluto, grazie alla meditazione, ai viaggi e alle sperimentazioni naturali.

Quando negli anni Ottanta ho lasciato Lima, lo skateboard faceva parte della mia infanzia. Molte persone vedono lo skateboarding come un'attività ribelle, dove gli adolescenti vanno in giro per la città a distruggere tutto quello che trovano ma, in realtà, gli skateboarders sono artisti visionari che vedono le vie della loro città come se fossero un parco potenziale per il loro movimenti espressivi. Oggetti morti come le scale, i corrimano, i bordi dei marciapiedi e i davanzali, diventano ostacoli divertenti con cui giocare ed eventualmente da conquistare. In questo modo gli skateboarders, a dispetto della loro terribile reputazione e i loro problemi con gli uomini di legge, non sono distruttore ma creatori che aggiungono vita e magia alle nostra giungla morta.
La cosa principale che è cambiata dagli anni Ottanta sono gli stessi skateboard. Quando ero un bambino erano così grandi e spessi che non potevo fare dei gran trucchi, ma nello stesso tempo, con essi non si poteva mai frenare, per cui ritenevo valesse la pena l'uccisione di un albero per avere questo giocattolo. Al giorno d'oggi, gli skateboard sono più piccoli e fini, rendono più facile fare tanti trucchetti, ma anche frenare. Uno skateboarder medio può rompere il suo strumento in una settimana o un mese, dipende. Così ora vengono uccisi più alberi per soddisfare i bisogni di questa divertente attività, che sta acquistando sempre più popolarità.
Dal 2000 ho collezionato un tale numero di skateboard spezzati che non ero più capace di buttarli nella spazzatura. Sono stati compagni di tante mie avventure, per cui mi sono concentrato per trovare un modo per renderli “utili”. Quello fu l'anno in cui cominciai a usare il loro legno come tavola per la mia pittura, cosa che faccio ancora oggi. In questo modo riciclo il legno e do ai miei skateboard vita eterna. Questa “skate art” probabilmente mi sopravviverà, continuando a far nascere il sorriso sul volto della gente e onorando la vita di quegli alberi che sono morti per essa.
Quando si passa all'arte applicata allo skateboard stesso, le cose non sono molto cambiate. Negli anni Ottanta non potevi non trovarne uno senza qualcosa di negativo disegnato sopra. Teschi, serpenti, mostri, diavoli, ecc, dando il messaggio che tutto ciò che è malvagio è “cool”. L'industria dello skateboard, ancora oggi, manda il messaggio che gli skateboarders sono persona “cattive” che distruggono il mondo come criminali. Da parte mia ho invece imparato che lo skateboarding è una bellissima meditazione sulla libertà e sull'espressione. Così quando ho cominciato ha realizzare la grafica per una serie industrie di San Francisco e di altri paesi, volevo mostrare il lato positivo del nostro sport.
Non sono comunque l'unico artista di skateboard solito ad optare per immagini di tipo positivo. È difficile andare contro corrente, ma in realtà la mia arte spicca in questo mondo. Negli anni in cui ho lavorato per questa industria, ho creato più di 50 skateboard con immagini visionarie sull'illuminazione spirituale, sull'unità delle religioni e delle culture, sul rispetto per la natura, ecc...La mia intenzione è influenzare il giovane skateboarder, dirgli che può essere “cool” ciò che è buono spiritualmente impegnato senza la necessità di una particolare religione. Questa risposta è stata lenta ma cresce col tempo e mi rende felice sentire un giovane affermare che la mia grafica ha cambiato la sua percezione della vita. Secondo me, non c'è maggior servizio che elevare i sentimenti nel nostro mondo. Pace!






(Articolo di Chris Dyer, tradotto da Sabrina Abeni)