domenica 7 settembre 2014

7 SETTEMBRE 1795: NASCE JOHN POLIDORI


John Polidori è stato uno scrittore e medico britannico, nonché segretario e medico personale del poeta George Byron, noto per aver scritto Il vampiro, il primo racconto della letteratura moderna su
questa creatura leggendaria.
Nasce a Londra, il 7 settembre 1795, figlio maggiore di Gaetano Polidori, un politico italiano originario di Bientina, in provincia di Pisa (segretario personale di Vittorio Alfieri), e Anna Maria Pierce, una governante britannica, aveva tre fratelli e quattro sorelle.
Polidori era uno dei primi della sua classe all'Ampleforth College dopo aver iniziato gli studi nel 1804 presso i frati di Ampleforth. Nel 1810 si trasferì all'Università di Edimburgo dove scrisse una tesi sul sonnambulismo, laureandosi in medicina nel 1815 alla precoce età di diciannove anni. Nel 1816 entrò al servizio di Lord Byron come suo medico personale e lo accompagnò nei suoi
viaggi attraverso l'Europa.
A Villa Diodati, la casa che Byron affittò presso il lago di Ginevra in Svizzera, i due incontrarono Mary Wollstonecraft, il futuro marito di Mary Percy Bysshe Shelley e la sorellastra di Mary (nonché amante di Byron) Claire Clairmont. Fu proprio in quella casa che, in una serata di giugno, lessero ad alta voce alcuni brani dall'antologia dell'orrore in tedesco Fantasmagoriana. A causa di una tempesta i cinque scrittori furono costretti a rimanere in casa, così Byron suggerì di scrivere ciascuno una storia di fantasmi, per passare il tempo sino alla sera successiva: nacquero così Frankenstein, scritto dalla Shelley, e qualche anno dopo Il vampiro di Polidori, quest'ultimo ricalcato sulla figura dello stesso Byron.
Evitando il personaggio crudele e sanguinario delle tradizioni popolari, Polidori modellò il proprio vampiro sul modello byroniano dell'eroe tenebroso e maledetto, e lo chiamò "Lord Ruthven" come omaggio (il nome, infatti, era originariamente usato nel romanzo Glenarvon di Lady Caroline Lamb per un personaggio che era chiaramente l'alter ego di Byron stesso). Lord Ruthven non fu solo il primo vampiro della letteratura inglese, ma anche il primo vampiro del tipo più in voga nel mondo contemporaneo: aristocratico, inserito nell'alta società e dotato di un perverso fascino nero. Il racconto venne pubblicato nel 1819 sul New Monthly Magazine erroneamente a nome dello stesso Byron, che successivamente pubblicò anche il frammento da cui Polidori aveva tratto ispirazione, senza riuscire a far giustamente attribuire all'amico il racconto compiuto.
Cessato il suo lavoro con Byron, Polidori tornò in Inghilterra e nel 1820 scrisse al priore di Ampleforth con l'intenzione di intraprendere la carriera ecclesiastica, ma il prelato gli rispose con sdegno rifiutandolo a causa della sua scandalosa attività letteraria. Nel 1821, dopo aver scritto l'ambizioso poema religioso The Fall of the Angels, Polidori cadde in depressione e morì, in circostanze misteriose, probabilmente suicida.
I diari di Polidori, contenenti numerosi aneddoti tratti dai suoi viaggi con Byron, vennero pubblicati collettivamente con il titolo The Diary of John Polidori a cura di William Michael Rossetti, che nel 1911 si appoggiò all'editore Elkin Mathews di Londra.

Il vampiro (incipit)
Nel mezzo delle sregolatezze che accompagnano l'inverno londinese, av­venne che comparisse a vari ricevimenti degli esponenti del bel mondo un nobiluomo, degno di attenzione più per le sue stranezze che per il rango. Osservava con sguardo fisso l'allegria che lo circondava, come se non potesse prendervi parte. Quando la gaia risata di una bella fanciulla attirava la sua attenzione, la gelava con uno sguardo, e incuteva paura in quegli animi in cui regnava la superficialità. Coloro che percepivano questa sensazione di ti­more non riuscivano a spiegarsi da cosa derivasse: alcuni la attribuivano ai suoi occhi color grigio opaco che, fissandosi su un volto, sembrava non riu­scissero a penetrarlo e a raggiungere subito i più intimi meccanismi dell'a­nima, ma ricadevano sulla guancia simili a un raggio pesante come piombo, opprimendo la pelle senza poterla oltrepassare.

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