La censura politica consiste nell'impedire a
individui, associazioni, partiti e mezzi di informazione di divulgare
informazioni ed esprimere opinioni contrarie a quelle del potere
costituito; ciò avviene attraverso il divieto di trattare taluni
argomenti o, più astutamente e più frequentemente, attraverso il
controllo preventivo dei contenuti divulgati dai mezzi di
informazione.
Soprattutto quest'ultimo mezzo è quello ritenuto
più efficace, impedendo alle masse di venire a contatto con pensieri
divergenti, di prendere consapevolezza della realtà.
Spesso il rogo dei libri (ma anche di
opere d'arte, dischi, ecc...) viene utilizzato come simbolo del
controllo delle dittature in tutto ciò che rappresenta il pensiero
umano e la sua facoltà di esprimersi nei suoi più diversi modi.
Numerosi sono stati i casi, nel
corso dei secoli, di rapporti problematici tra potere e letteratura:
basti pensare alla messa in bando di opere celebri da parti di
imperatori come Ottaviano Augusto e Nerone, i roghi nella Cina del
III sec. d.C., l'Index librorum
prohibitorum della Chiesa cattolica, le
censure mussoliniane e il rogo dei libri a opera del regime nazista
avvenuto il 10 maggio 1933, in cui vennero distrutte opere
considerate “degenerate”, tra cui quelle di Thomas ed Heinrich
Mann, Heine e Brecht.
Leo Lowenthal, nel suo breve
saggio Calibans Erbe,
distingue tre motivi principali perché avvengono in varie epoche e
zone tali distruzioni del patrimonio letterario1:
1) L'estinzione
della storia, ogni società autoritaria
avrebbe cioè lo scopo di riscrivere il passato alla luce delle nuove
concezioni del mondo che si propongono di creare.
2) “L'azione
igienica” nei confronti dei libri
considerati una “piaga” per la società che rischia d'infettare
il popolo, basti pensare all'articolo sul Völkischer
Beobachter che annunciò il rogo
nazista del 1933, definendolo come “la fine della peste
disgregatrice”.
3) La “liquidazione
del soggetto”, ossia del concetto
d'individualità, limitando la libertà di scrittura e lettura, cioè
la circolazione e lo scambio di idee, annientando quindi la libertà
del ragionamento individuale, dell'interpretazione e del pluralismo
tutti concetti contro cui tutti i totalitarismi hanno sempre lottato.
Il ricorrere di tali eventi nel corso
della storia ha dunque influenzato la letteratura e, in particolare
la fantapolitica che rappresenta società distopiche, in cui la
letteratura è, nella maggior parte dei casi, o bandita, o deformata
o sparisce misteriosamente dalle vite degli esseri umani.
La fantapolitica è un genere in cui
vengono descritti una società e un sistema politico collocati in
un'epoca futura non troppo lontana; spesso è utilizzato per
criticare la contemporaneità attraverso la rappresentazione di
distopie antitotalitarie.
Spesso le distopie prendono come
spunto alcune tendenze della società a loro contemporanea per
mostrare i rischi delle degenerazioni di tali caratteristiche,
frequentemente vengono associate al motivo postapocalittico,
rappresentando sistema sociali totalitari nati dopo guerre mondiali,
o disastri nucleari.
In tali rappresentazioni è lo Stato
a decidere quale debba essere il pensiero dei propri cittadini,
arrogandosi il privilegio di essere l'unico ente capace di garantirne
la serenità e felicità, lo stile di vita prestabilito viene dunque
presentato come l'unico possibile, migliore e indiscutibile.
S'incoraggia in questo modo il
conformismo e si cerca di evitare ogni pensiero individuale e
creativo, rendendo gli esseri umani completamente alienati dalla loro
stessa natura e dalla realtà.
Nelle distopie questa operazione si
traduce o con il divieto radicale di pubblicare e possedere libri, o
con un rimaneggiamento di testi in modo che essi rispettino il volere
dello Stato; il ricorrere della tematica della censura della
letteratura in questo genere porta a pensare che la minaccia di tale
evento fosse sentita da molti autori come reale.
Allo stesso tempo però vengono
usate, nel pensiero imposto ai cittadini, tecniche di persuasione che
possono essere collegate a quelle della letteratura di massa, per cui
i regimi imporrebbero la loro presenza nella vita degli individui
attraverso strategie che li portano a riempire quel vuoto che essi
hanno creato sopprimendo la libertà di pensiero.
I romanzi su cui si è deciso
di soffermarsi sono tre opere capitali del genere fantapolitico,
Brave New World
di A. Huxley, 1984
di G. Orwell, Fahrenheit 451
di R. Bradbury e uno dei romanzi meno noti di P. Dick, The
Man Who Japed.
1.
Quando il passato è “superfluo”: Brave
New World
di A.Huxley
Il primo romanzo considerato
ufficialmente come fantapolitico e distopico è
Brave New World di A. Huxley (1932),
ambientato nel 2350, in una futura società che ha come unico
obiettivo il controllo dei cittadini attraverso l'ingegneria genetica
e tecniche di condizionamento psicologico di massa.
I libri del passato e lo studio della
storia sono stati eliminati dalla società in quando ritenuti
“inutili”, non conformi a quella politica di promozione della
“felicità” e delle illusioni, poiché ricordano la realtà dei
fatti, quel “vero” che si preferisce ignorare in quanto ritenuto
lesivo della stabilità sociale; in nome di tale politica sono dunque
state distrutte biblioteche, musei e ogni traccia del passato.
Tutto ciò è avvenuto senza l'uso di
una censura manifesta, ma attraverso una serie di condizionamenti
operati ancor prima della nascita che continuano per tutta la vita
degli individui, sottoforma di slogan martellanti.
A detenere le uniche tracce esistenti
del sapere universale sono solo le autorità governative che hanno
conservato le grandi opere del passato, nascoste al popolo; ogni
possibilità di pensiero individuale è dunque soppressa, in una
società in cui i cittadini vivono solo per i piaceri effimeri e
fanno massiccio uso della Soma, una droga che li estrania dalla
realtà.
Attraverso un'apparente liberazione
dai taboo del passato, in nome della libertà sessuale e della
spensieratezza a tutti i costi, lo Stato anestetizza i propri
cittadini, rendendoli incapaci di far scelte autonome, decidendo
delle loro vite fin prima dalla nascita.
La cultura di massa, in tale
contesto, trionfa e sopprime quella alta, l'unico imperativo è la
ricerca del piacere, non esistono testi che sollevino perplessità,
quesiti, dubbi sulla natura umana e sulla società, ma solo
intrattenimenti che offuschino la consapevolezza della condizione di
schiavitù in cui l'umanità vive, imprigionata nell'oscuro
meccanismo del consumismo.
Gli unici volumi contenuti nelle
biblioteche sono quelli di veloce consultazione, da consumare in
fretta, senza che inneschino alcun meccanismo di riflessione.
A destabilizzare tale apparente
equilibrio è la figura di John, cresciuto in una riserva indiana,
alienato sia dagli indiani che dal resto della società (ironicamente
quest'uomo viene definito dalla società “civile” un selvaggio),
conoscitore dell'opera di Shakespeare su cui ha formato il suo
sistema di valori e il modo d'intendere la natura umana.
La raccolta delle opere complete di
Shakespeare che ha trovato per caso quando aveva dodici anni verrà
mostrata come una sorta di amuleto, un volume contenente parole che
sembrano quasi magiche al giovane John e che sembreranno dare un nome
alle sensazioni che lo invadono.
Frequenti infatti sono le citazioni
del drammaturgo inglese che vengono riferite dall'uomo per descrivere
ciò che prova, l'unico essere umano in grado di riflettere su se
stesso e su chi lo circonda.
Il titolo stesso del romanzo è
un omaggio a The Tempest
di Shakespeare, in un'accezione ironica ovviamente, poiché quello
che viene descritto non è esattamente un “brave new world”, è
infatti un mondo che inorridisce davanti tali citazioni, ritenendole
selvagge e primitive.
Quando John chiede a Mond perché le
opere di Shakespeare siano proibite in tale società gli verrà
risposto:
Because it is old; that’s the chief reason. We haven’t any use for old things here…Particularly when they’re beautiful. Beauty is attractive, and we don’t want people to be attracted by old things. We want them to like the new ones.2
I cittadini cioè non devono guardare
al passato con sentimento nostalgico, ma devono lasciarsi trascinare
dal progresso, consumare e desiderare solo ciò che è nuovo.
Anche il tentativo di risollevare le
coscienze tramite i versi di Shakespeare sarà destinato a naufragare
e John cadrà lui stesso vittima di quella società che sembra
detestare; l'orgia in cui verrà alla fine coinvolto e il suo
suicidio sono indicativi dell'impossibilità di ritrovare contatto
con quel mondo di valori che la letteratura del passato
rappresentava, l'inevitabile sconfitta di fronte al cieco e
inarrestabile meccanismo del consumismo.
2. Riscrivere la storia all'infinito: 1984 di G. Orwell
Una delle più note distopie
antitotalitarie è 1984
di George Orwell, un romanzo che sembra concepito in modo antitetico
rispetto a Brave New World,
ma che ha in comune con esso la tematica delle censura culturale.
Scritto nel 1948 e ambientato a
Londra, questo romanzo descrive un mondo futuro suddiviso da tre
grandi potenze, Oceania, Eurasia ed Estasia, che sfruttano uno stato
di guerra perenne per mantenere il controllo e il potere; in tale
società, a differenza di Brave New
World, non c'è spazio per il
consumismo e la ricerca dei piaceri.
Il solo partito esistente in Oceania
è l'English Socialism con a capo il Big Brother, una figura che
nessuno ha mai visto, tranne che sui ritratti nei manifesti, e che
tiene costantemente sotto controllo la vita di tutti i cittadini;
questo tipo di totalitarismo ricorda quello dell'URSS di Stalin e
della Germania di Hitler.
L'unica forma di pensiero
ammessa è il Doublethink,
in grado di sostenere un'idea ed il suo esatto opposto, dimenticando
nel medesimo istante il cambio di opinione e perfino l'atto stesso
del dimenticare. Così pure l'unica lingua ammessa è il Newspeak,
un nuovo linguaggio in cui tutte le parole hanno un'unica accezione,
che riduce il significato ai concetti più elementari e rende così
impossibile concepire un pensiero critico e consapevole.
Ciò è indispensabile al partito per
rendere indiscutibile il proprio operato e le sue contraddizioni,
mentre il pensare in un modo diverso si configura come “thought
crime”.
Le
parole vengono quindi stravolte, deformate anche contro la logica
stessa, creando definizioni paradossali come quella di Ministry of
Love, la cui funzione è quella di controllare i membri del partito e
di convertire i dissidenti alla sua ideologia, anche facendo ricorso
alla "thought police", attraverso atti violenti che sono
definiti "Love", oppure il Ministry of Truth che revisiona
testi e giornali per renderli coerenti con le direttive del Partito;
una società in cui imperano slogan contraddittori come “War is
peace, Freedom is slavery, Ignorance is strenght”3,
parole
che esprimono il Double
Thought,
la capacità cioè di condividere,
allo stesso tempo, due idee contraddittorie e di accettarle
entrambe.
Gli esponenti del Partito sono
contemporaneamente consapevoli e inconsapevoli della continua
alterazione che subiscono i propri ricordi, sono cioè a conoscenza
del continuo aggiustamento che vi applicano, ma allo stesso tempo
sono convinti di non violare alcuna realtà.
Essi cioè conoscono la realtà
mentre creano menzogne, continuando però a credere d'essere nel
giusto, sfidando ogni volta ogni logica.
Si tratta dunque di trasformare e
invertire la realtà in continuazione, creando una falsa illusione di
immutabilità grazie alla continua mutabilità.
In tale mondo non esiste una censura
manifesta, ma viene creata dalla alto un'ansia di conformarsi a un
linguaggio unico, uniforme, spesso autocensurandosi
inconsapevolmente; la tendenza ad adottare un codice universalmente
condiviso viene vista quindi da Orwell come potenzialmente dannosa,
soprattutto quando si riduce la diversità delle parole, riducendo
quindi anche la quantità di concetti che in questo modo saranno
definitivamente perduti.
Eliminando quindi alcuni concetti dal
vocabolario, come quello di “errore”, rende praticamente
impossibile opporsi al sistema vigente, per questo motivo la lotta
disperata di Winston in nome della logica sarà destinata a fallire.
La scelta di riproporre sempre gli
stessi concetti semplificati e privati della loro problematicità,
annullando così le esistenti contraddizioni, ricorda molto la
tendenza di molto cultura e letteratura di massa di uniformare codici
e immagini proposte; nessuno è dunque più in grado di creare una
propria rappresentazione del mondo, ma si limita ad adeguarsi a
quella che gli viene fornita dall'alto, annientando così
l'individualità.
Lo Stato inoltre fornisce fittizie
storie di eroismo da parte di membri del partito e falsi nemici su
cui il popolo possa convogliare la propria rabbia e insoddisfazione,
assumendo personale incaricato a inventare notizie per i giornali.
Il protagonista del romanzo, Winston,
si occupa di riformulare la storia presso il Ministry of Truth, in
cui libri, ma anche quotidiani, vengono manipolati e riscritti per
cancellare ogni prova delle fallite previsioni e degli atteggiamenti
contraddittori del Big Brother; ogni documento, libro o giornale che
possa smentire il partito viene metodicamente distrutto, poiché
Who controls the past controls the
future. Who controls the present controls the past.(Orwell, 1961: 35)
In tale contesto perfino i grandi
classici, come le opere di Shakespeare, Milton, Swift, Byron e
Dickens. sono destinati alla distruzione nelle loro forme originali.
Lo stesso ministero ha anche il
compito di produrre libri, giornali, film e programmi televisivi che
addestrino il popolo al Newspeak
e indichi loro i modi più adeguati per svagarsi; una sezione
apposito crea materiale di pessima qualità, ritenuto adatto ai
Proles, l'incolta classe lavoratrice: si tratta di un tipo di
produzione che ha il compito di abbruttire e uniformare il pensiero
delle classi più basse, rendendo loro impossibile il rendersi conto
della loro reale condizione; la stessa funzione, oltre che di
controllo, ha la televisione che bombarda continuamente i cittadini
con le sue notizie e che non può mai essere spenta.
Uno degli slogan del
partito,"Ignorance is strength”, è esemplificativo di tale
pensiero, secondo il quale maggiori sono la conoscenza e la
consapevolezza delle persone, più esse sono soggette a dubitare
delle verità loro fornite.
Un altro divieto del partito riguarda
anche l'annotare pensieri e testimonianze su carta senza il controllo
statale, negando quindi la libertà di scrittura, imposizione che
invece sarà violata da Winston quando deciderà di tenere una sorta
di diario.
Attraverso la scrittura egli
potrà porsi delle questioni e prendere consapevolezza della realtà,
utilizzando nel contempo un linguaggio alternativo a quello del
Newspeak;
egli dunque rappresenterà una propria realtà e la storia di una
singola vita, non quella di una massa cieca.
Il suo diario sarà inoltre ben
diverso da libro che Winston aveva attesa con timore e speranza, il
testo proibito del leggendario leader dell'opposizione segreta del
Big Brother (probabilmente uno spauracchio creato dal partito), il
Goldstein,
che avrebbe dovuto fornirgli le risposte che cercava, ma che non
aggiungerà molto a quello che già sapeva.
Se in Brave
New World era Mustapha Mond, uno dei
dieci “controllori” del mondo, a incarnare il personaggio
consapevole dell'inganno dello Stato, ma interessato a tutelarlo, in
1984 è
invece O' Brien colui che architetta lucidamente una visione
alternativa della realtà.
Nel suo ridescrivere la realtà egli
diventa simile a uno scrittore, rendendo possibile anche ciò che
sembrerebbe non essere giusto o logico, tanto da sentirsi legittimato
ad affermare che anche che due più due sia uguale a cinque.
O' Brien è colui che è in grado di
governare la società grazie alla sua costanza e capacità
d'osservazione (basta pensare al fatto che sorveglia in silenzio
Winston per sette anni), capace di cambiare continuamente la storia e
creare molteplici realtà alternative.
Gli è possibile fare ciò per via
della sua convinzione che non esista nessuna verità assoluta e
immutabile, tutto ciò che noi classifichiamo come tale non sarebbe
altro che un'abitudine che può essere cambiata in qualsiasi momento;
la storia non è altro che un libro che viene continuamente
riscritto.
Sarà dunque proprio O' Brien a porre
fine alle speranze di Winston di scoprire l'autentica verità delle
cose che lo circondano, di potersi appigliare a un punto di
riferimento, seppure fragile.
3.Bruciare il libro/bruciare l'uomo: Fahrenheit 451 di R. Bradbury
Fahrenheit 451
è un romanzo fantapolitico di Ray Bradbury pubblicato nel 1951; in
esso viene rappresentata una futura società distopica in cui i libri
sono vietati e bruciati da squadre di vigili del fuoco; l'opera
stessa fu censurata negli anni Cinquanta, in quanto si pensò che
essa fosse una rappresentazione del maccartismo.
Come nei romanzi di Huxley e
Orwell si affronta il problema della gestione delle informazioni e
del controllo della società da parte dello Stato, come in Brave
New World si promuove un sistema
consumistico, governato dai media che anestetizzano i cittadini (ma
d'altra parte anche in 1984 la
televisione è un potente mezzo di controllo).
La censura in questo caso però è
manifesta, in quanto è ritenuta illegale qualsiasi informazione
scritta, i libri devono essere nascosti dalle distruzioni perpetrate;
l'unica fonte d'”istruzione” permessa, lo strumento attraverso il
quale il governo controlla e impartisce i propri principi al popolo,
è la televisione.
Il protagonista, Guy Montag, è un
vigile del fuoco con una vita apparentemente soddisfacente: sembra
amare il proprio lavoro, ha una bella casa e una moglie attraente.
In realtà con la moglie non esiste
alcun dialogo, dato che ella passa le giornate davanti a uno schermo
televisivo interattivo per partecipare alle discussioni della
“famiglia”, dei personaggi televisivi che interagiscono con gli
spettatori, e una notte ella rischierà un'overdose di farmaci.
Per quanto riguarda invece il suo
lavoro, da tempo Montag nutre dei dubbi sulla “missione” che i
vigili del fuoco devono compiere e, dopo aver letto una riga di una
raccolta di fiabe, ha salvato e nascosto alcuni libri col proposito
di leggerli per trovare delle risposte alle sue perplessità.
Egli è inoltre disgustato dalla
superficialità di tale società rappresentato dai programmi
televisivi che la moglie segue con grande partecipazione, dall'uso
massiccio che viene fatto di pillole e dalla tendenza delle persone a
correre in automobile causando frequenti incidenti mortali.
Si trova dunque a vivere in un mondo
in cui si ricercano emozioni e sfoghi in modo frivolo o
autodistruttivo, dove non c'è alcun spazio per lo sviluppo di idee e
sentimenti personali che potrebbero richiedere discussioni e
confronti.
Dopo aver visto una donna anziana
immolarsi al fuoco dei pompieri per cercare di salvare i propri
libri, egli prenderà coraggio e deciderà di chiedere aiuto a un ex
professore di Harvard per decifrare i contenuti dei libri che ha
nascosto.
"... for the first time I realized that a man was behind each one of the books. A man had to think them up. A man had to take a long time to put them down on paper. And I'd never even thought that thought before”4
Il pensiero individuale si fa strada
in questo modo nella mente di Montag, portandolo a identificare i
libri con esseri umani che li creano, li leggono, muoiono per essi;
ne capisce il valore e desidera condividere tale scoperta col mondo,
ma quando tenterà di farlo con la moglie otterrà solo la sua
denuncia alle autorità, poiché ella rimarrà sempre il prodotto di
una società massificata e uniformante.
Egli dunque percepisce che nei libri
possa esserci qualcosa in grado di salvare l'umanità, di ridare
senso all'esistenza, ma necessita di qualcuno che lo aiuti a trovare
le giuste risposte nei testi; questo sostegno lo troverà in Faber,
un ex professore universitario di letteratura che gli spiegherà come
i roghi non siano altro che una naturale conseguenza del lento e
progressivo disinteresse del popolo verso la cultura, quindi della
mancanza di lotta contro l'avvento della censura culturale è perché
quasi nessuno ha lottato perché ciò non avvenisse.
Un altro personaggio che spiega le
motivazioni di tale ordinamento è Beatty, diametralmente opposto
rispetto a Faber, un collega di Montag, difensore del sistema
nonostante abbia acquisito una cultura insolita per quella società.
Beatty giustifica i roghi di libri
come unico mezzo per rendere l'uomo felice, appianando qualsiasi
fonte di discordia che possa nascere dal dibattito tra idee diverse:
We must all be alike. Not everyone
born free and equal, as the Constitution says, but everyone made
equal. Each man the image of every other; then all are happy, for
there are no mountains to make them cower, to judge themselves
against. So! A book is a loaded gun in the house next door. Burn
it.(Bradbury,1991: 58)
Tale società richiede dunque un
concetto di uguaglianza degradante per la natura umana e per
l'intelletto, creando un mondo in cui nessuno possa eccellere grazie
alla sua diversità, dove ogni scelta viene pilotata dall'alto e
nessuno ne è consapevole, né ha più alcun interesse a protestare
perché schiavo del conformismo.
Durante un'intervista fu chiesto a
Bradbury per quale motivo i libri potessero fare paura ed egli
rispose:
Perché il pensiero libero fa paura e perché c'è sempre chi vuole decidere per qualcun altro cosa è bene e cosa no. Nel mio libro la censura nasce dal desiderio del governo di rendere la gente felice, il capo dei pompieri, Beatty, spiega a Montag che bruciano i libri perché i contenuti di alcuni di essi offendono le minoranze, perché altri causano infelicità. E l'uso del termine "minoranze" non è legato ai temi razziali, ma a tutti. Ognuno di noi è parte di qualche minoranza, per gusti, passioni, professione, o interesse, quindi ognuno di noi può essere "offeso" dal contenuto di un libro.5
Una censura quindi che sembra
fatta in nome di una presunta politically
correctness, con lo scopo di appianare
ogni differenza e livellare le menti.
A differenza di Brave
New World e 1984,
Fahrenheit 451
ha un finale aperto a una speranza, in cui s'intravede una possibile
via di salvezza, costituita dagli “uomini-libro”, intellettuali
relegati ai margini della civiltà che serbano il ricordo dei testi
letti e intendono tramandarne la memoria, in vista di un collasso del
sistema vigente che pare inevitabile.
L'essenza della cultura non
risiederebbe quindi nel mero oggetto fisico (il libro), ma nella
capacità di chi la detiene di trasmetterla, condividerla, infonderla
agli altri; qualcosa che quindi non potrà mai essere sottratto e
distrutto.
4. Letteratura immorale/amorale: The Man Who Japed di P. Dick
The Man Who Japed
è un romanzo del 1956 di Philip Dick, ambientato nel 2114, in un
società postapocalittica governata dal regime della Morec (Moral
Reclamation) che impone alla società
un'oppressiva morale e un'assoluta mancanza d'ironia che porta anche
alla censura di gran parte della letteratura, considerata immorale o
amorale, che viene però venduta al mercato nero a prezzi altissimi.
Tra i testi proibiti si trovano
il Decamerone,
l'Ulysses
di James Joyce e la pulp-fiction, ma la censura colpisce anche l'arte
e i mass-media.
La società è fondata sul mito del
Generale Streiter colui che, dopo il disastro atomico, avrebbe
fondato il nuovo regime “salvando” il mondo dalla propria
corruzione; ogni mezzo di comunicazione è mirato all'esaltazione
eroica di tale figura e del sistema che ha ideato, la sua statua
troneggia nel parco principale di New York.
A fare da contraltare di tale società
è l'Health Resort situato in uno dei tanti pianti colonizzati,
apparentemente un rifugio per coloro che non sono d'accordo col
regime, in realtà un deterrente attraverso quale liberarsi di
elementi scomodi, immobilizzandoli nella passività causata dai lussi
e gli ozi di quel luogo.
Nell'Health Resort si trovano dunque
tutti coloro che hanno mostrato di avere un pensiero individuale,
quindi pericoloso per la Morec, chiamati “noose” (da
neuro-psychiatric) e curati con la psicanalisi e la parapsicologia.
Come in 1984
di Orwell, viene incoraggiata la delazione, si è giudicati infatti
da indiscrete e bigotte riunioni di condominio che possono far
perdere le abitazioni in un mondo con problemi di spazio e
sovraffollamento, e si è spiati da piccoli robot volanti alla
ricerca di comportamenti poco ortodossi e non conformi alla morale
vigente.
Il compito di diffondere i “valori”
della Morec è affidato a Telemedia, la televisione di stato che
racconta storie banali, con una piatta morale finale, risultando agli
antipodi rispetto alla vera letteratura bandita.
Allen Purcell, il protagonista, è
proprietario un'agenzia che idea e vende programmi a Telemedia che
offrirà un'importante ruolo dirigenziale; egli è ben inserito nella
società e crede nei suoi valori eppure, inspiegabilmente, una notte
profana la statua del Generale Streiter e conserverà un ricordo
molto vago di quello che è accaduto.
Questo atto che sembra dettato da un
improvviso raptus di follia avviene dopo una visita di Purcell
all'isola di Hokkaido, rimasta una zona desolata dall'ultimo
bombardamento nucleare, dove contrabbandieri scavano tra i resti per
trovare oggetti da vendere al mercato nero, tra cui appunto dei
libri.
Significativo è il brano in
cui Purcell cerca di acquistare un costosissimo volume dell'Ulysses:
“This book is still pornography(...) Joyce, Hemingway. Degenerate trash. The Major’s first Book Committee listed Ulysses on the hex-sheet back in 1988.(...)
“But what was the purpose of these books? Why are they lumped with the junk? They weren’t once, were they?”(...)
“What kind of Morec did they teach?” Allen demanded.
“They didn’t,” Sugermann said. “These particular novels even taught un Morec.”
“You’ve read these?(...) Why? What did you find?”
…“These, as discriminated from the others, are real books.”
“What’s that mean?”
“Hard to say. They’re about something.(...) I’d tell you these books are literature. (...)”6
La vera letteratura quindi non ha una
morale da impartire e per questo motivo viene ritenuta dal regime
“pornografica” e degenerata, la sola scoperta dell'esistenza di
tali testi, la lettura di un solo brano, porterà Purcell a
sviluppare un inconscio bisogno di ribellione, in opposizione
all'importante ruolo istituzionale che ricopre.
L'elemento sovversivo della grande
letteratura consiste proprio in questo suo disinteresse nel fornire
valori prestabiliti, il contatto con essa porterà a compiere il
gesto di “japery”, la dissacrazione ironica della statua di
Streiter e il successivo furto della sua testa recisa.
L'ironia dunque diventa l'arma più
pericolosa e potente per tale regime; essa si configura come una dote
rara e preziosa in quel contesto, tanto da essere percepita quasi
come un misterioso potere “paranormale”, soprattutto quando
risiede in colui che in tale società dovrebbe tutelare sulla morale
pubblica.
Proprio perché dotato di questo dono
Purcell, inizialmente a livello inconscio, non riesce ad adattarsi
all'opprimente morale e alla censura della Morec, ma nemmeno può
rassegnarsi a vivere relegato nell'Health Resort, adeguandosi al suo
passivo ozio; egli vuole dissacrare, sovvertire in libertà, come
solo un letterato o un artista possono fare.
La beffa finale di Purcell è infatti
significativa: in attesa del proprio licenziamento egli approfitterà
del poco tempo che gli rimane come dirigente di Telemedia per mandare
in onda un talk show paradossale, in cui descriverà il Generale
Streiter come un cannibale che avrebbe coniugato i problemi di
sussistenza post-atomici con l'urgenza di liberarsi di elementi
sovversivi mangiando i propri nemici, comunicando inoltre
l'opportunità di ritornare a quella pratica dopo la vicenda della
profanazione della statua di Streiter.
Il “cannibalismo” è ovviamente
simbolico, tale società infatti divora ogni possibilità di
autonomia e di pensiero creativo dei suoi cittadini, le riunioni di
caseggiato dissezionano e si nutrono della vita privata delle
persone; egli non farà altro che esplicitare la metafora da perfetto
scrittore che ripropone la verità attraverso l'ironia e il
paradosso.
Proprio perché sostenitore
dell'autonomia e dell'attivo pensiero, il protagonista rifiuterà di
fuggire con la moglie in un altro pianeta e deciderà di affrontare
la Morec confessando il proprio atto di vandalismo, sperando che ciò
possa servire da esempio per i giovani.
Anche in questo caso quindi abbiamo
un finale aperto e che lascia un piccolo spazio alla speranza di
cambiamento e rigenerazione; lo strumento della salvezza risiederà
dunque nell'atto irrazionale e dissacrante identificato dall'autore
nel pensiero creativo e nelle umane contraddizioni.
Il motivo della censura
letteraria/artistica è dunque molto presente in testi che tentano
d'immaginare come la nostra società potrebbe degenerare; si è
potuto notare che anche in diverse distopie, da quelle che
prospettano regimi di pura sussistenza in un regime ispirato a quelli
comunisti, sia in sistemi d'ispirazione capitalistica e proiettati
verso l'esaltazione del consumismo, hanno tutti in comune la
repressione dell'individualità in favore della cieca massa.
Per far ciò utilizzano slogan,
storie deproblematizzate, anestetizzando la capacità di giudizio e
riflessione di ciascuna persona che perde le proprie peculiarità e
diversità in favore della massa indifferenziata.
Tutto ciò che possa riflettere sulle
contraddizioni, presentare eterogeneità di linguaggio deve essere
dunque epurato, prima fra tutti dev'essere dunque eliminata,
modificata o dimenticata proprio la letteratura.
2A.
Huxley, Brave New World, 1991: 148
3Orwell,
1984, 1961: 4
4Bradbury,
Fahrenheit 451, 1991: 51
5Intervista
a Bradbury di Assante Ernesto, La Repubblica, 20 maggio 2003.
6Dick,
The Man Who Japed, 1956: 41
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